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giovedì, 28 Marzo, 2024

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BABY STAR, I RISCHI DEL SUCCESSO PRECOCE

La notizia che Kauan Basile, un bambino brasiliano di otto anni è il più giovane giocatore di calcio a firmare un contratto di sponsorizzazione, per la Nike, battendo il record di Lionel Messi che lo ha firmato a quindici anni e dei suoi connazionali Neymar e Rodrygo che lo hanno firmato a 13 e ad 11 anni e, nel tempo, sono diventati dei grandi campioni, oltre a sottolineare “l’effetto scia” del gioco del calcetto – soprattutto sudamericano – che fa germogliare, a più riprese, “campioncini”, sin dall’infanzia, alla conquista di trofei, mi stimola a fare alcune riflessioni che si muovono nell’ottica di attirare l’attenzione di genitori, educatori, operatori della comunicazione, sui problemi che ne deriveranno. Bypassando, naturalmente, l’evidente clamorosa visibilità che certe notizie accendono intorno ai loro giovanissimi protagonisti.

È decisamente pericoloso trasformare il piacere e l’esperienza psicofisica del giocare a pallone che sperimenta un bambino di otto anni, in un contratto di sponsorizzazione che lo metterà di fronte alla faticosa impresa di soddisfare le aspettative di genitori, parenti, tecnici e sponsor. Si tratterà per lui, così come è già accaduto per tanti giovanissimi soggetti capaci di eccellere, in modo straordinario, soprattutto nel campo della musica, dello spettacolo, del cinema, della scrittura, della poesia, della pittura e, ancora, dell’ecologia, della matematica, delle scienze, di misurarsi con la necessità e, perfino, con l’obbligo di collezionare un successo dietro l’altro. Per non deludere quegli adulti che hanno puntato sulle sue qualità, col desiderio di essere “risarciti” sia degli investimenti, emotivi e sociali, fatti in quanto parenti, sia di quelli economici , fatti in quanto sponsor.

Misurarsi, poi, con una popolarità improvvisa e consistente – così com’è avvenuto a tanti “piccoli fenomeni”- e che, però, può trasformarsi in un declino dell’attenzione, dopo il consenso all’improvviso ottenuto – quasi una magia! – saltando i graduali passaggi che ne dovrebbero mediare e garantire, nel tempo, la conferma e la durata, può causare, nei minori, la rinuncia alla loro infanzia, preadolescenza, adolescenza, per diventare “star” o “campioni”, adultizzati dall’altrui bisogno di visibilità, successo, ricchezza. E provocare un tale stress, da favorire disturbi del sonno e dell’alimentazione, crisi nervose ed emotive, esplosioni di aggressività rivolta contro gli altri ma, anche e soprattutto, contro se stessi. Simili ferite dell’autostima, pertanto, andrebbero evitate. Personalmente, ho denunciato e denuncio da anni, l’importanza di coltivare, da una parte, in modo sistematico, attento, in famiglia, a casa e nel sociale, le predisposizioni, le capacità, le specialità che possono costituire, nei minori talentuosi e non, una solida base su cui costruire il loro futuro e, dall’altra, quella di far rispettare pienamente, come da Convenzione Onu, i diritti dei minori ad esprimersi senza che questo ostacoli o inibisca in loro la libertà di crescere. E, pertanto, nel pieno rispetto dei loro tempi di crescita e delle loro esigenze affettive ed intellettive.

Prof.ssa Maria Rita Parsi
(Psicoterapeuta e Presidente Fondazione Movimento Bambino)

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