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Omosessualità, lezioni di pastorale

Articolo di Luciano Moia pubblicate sul quotidiano Avvenire il 25 febbraio 2021, pag.19

Da qui a settembre un percorso per sacerdoti impegnati nell’accompagnamento delle persone Lgbt. Nei giorni scorsi il primo modulo per un centinaio di partecipanti. Obiettivo, andare oltre l’accoglienza.

Pastorale e omosessualità. Le indicazioni del magistero al tempo di papa Francesco non potrebbero essere più chiare. Tre esempi, per non lasciare parole nel vago. Cominciamo dalla ‘Relazione dopo la discussione‘ del Sinodo straordinario del 1914. Al n. 50 si afferma: «Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana». Secondo esempio, al n.250 di Amoris laetitia (2016), il Papa sollecita i vescovi a fare tutto quanto necessario «affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita».

Terzo esempio, Relazione finale del Sinodo dei giovani (2018). Al n.150 si dice: «Esistono già in molte comunità cristiane cammini di accompagnamento nella fede di persone omosessuali: il Sinodo raccomanda di favorire tali percorsi». Tutto ben spiegato. Ma tracciata la strada, cominciamo i problemi.

Indubitabile l’esigenza di accogliere, accompagnare, discernere e integrare, ma come farlo? Occorre accogliere la persona o anche il suo stile di vita? Per le persone omosessuali credenti occorre immaginare percorsi specifici oppure l’obiettivo dell’integrazione suggerirebbe l’inserimento nella pastorale ordinaria? A queste e tante altre domande cerca di rispondere il primo Corso di formazione per operatori pastorali e accompagnatori spirituali di Persone omosessuali, di cui si è svolto il primo modulo nei giorni scorsi. L’iniziativa si inserisce nella serie degli incontri promossi già nel 2016 ad Ariccia (diocesi di Albano), e nel 2018 a Bologna.

Programmato come corso ‘in presenza‘ un anno fa, al Centro di Spiritualità ‘Villa San Giuseppe’ dei gesuiti di Bologna, è stato rimandato a quest’anno, in versione on line a causa della pandemia. Una modalità che ha permesso padre Pino Piva, gesuita, esperto di ‘pastorale di frontiera’, anima dell’iniziativa, di accogliere tutte le richieste di partecipazione. Oltre un centinaio, in maggior parte operatori pastorali sui temi della famiglia ma anche nell’accompagnamento delle persone lgbt.

Obiettivo del primo modulo quello di sondare il dato antropologico di fondo (filosofico e psicologico) su cui la teologia è chiamata a riflettere alla luce della Rivelazione e del magistero, tema che sarà affrontato nel secondo modulo, a giugno. Obiettivo finale? Offrire l’orizzonte adeguato per le proposte pastorali opportune. E sarà il terzo modulo, a settembre.

Impegnativi, soprattutto perché originali e spiazzanti, gli approfondimenti presentati. Don Stefano Guarinelli, psicologo e psicoterapeuta, docente alla facoltà teologica dell’Italia settentrionale e autore tra l’altro di Omosessualità e sacerdozio. Questioni formative (Ancora) ha spiegato perché occorre intendere l’omosessualità come ‘tratto’ da integrare in una visione globale della personalità.
«Visto che non abbiamo una teoria condivisa che ci spieghi da dove arrivi l’orientamento omosessuale, spesso facciamo fatica a individuare l’approccio pastorale più opportuno». Così si pensa di risolvere tutto chiedendo semplicemente alla persona omosessuale di tacitare il suo orientamento con una pretesa che suona più o meno così: «Per comportati da cristiano devi diventare ciò che non sei. Ma questa – ha osservato il prete psicologo – è una pretesa anti-cristiana».

Chiara D’Urbano, psicoterapeuta, perita dei Tribunali del Vicariato di Roma, autrice di Percorsi vocazionali e omosessualità (Città Nuova) da anni impegnata nell’accompagnamento psicoterapeutico per il sacerdozio e la vita consacrata, ha spiegato che è giusto parlare di persone omosessuali psicologicamente mature e vocazionalmente compensate. «Anche se – ha ammesso – in ambito vocazionale l’omosessualità continua a costituire un certo imbarazzo». E ha spiegato che, anche in ambito vocazionale esistono persone ‘tipiche e insoddisfatte’ a cui cioè l’orientamento omosessuale non impedisce di comportarsi secondo i parametri della ‘normale’ mascolinità o femminilità.

Damiano Migliorini, docente di filosofia, autore di molti studi sul tema – tra l’altro ha scritto con Beatrice Brogliato L’amore omosessuale. Saggi di psicanalisi, teologia e pastorale (Cittadella Editrice) – partendo da una prospettiva ‘relazionale’, ha proposto una visione antropologica integrata attraverso cui leggere e comprendere la realtà delle persone lgbt.

Infine padre Giovanni Salonia, cappuccino, docente di psicologia e di pastoral counseling nella Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia, escludendo in maniera netta la condizione omosessuale dall’ambito della patologia, ha invitato ad una più profonda riflessione teologica e pastorale, che possa promuovere un vissuto più integrato delle persone omosessuali nella società e nella comunità cristiana.
Quindi, ha detto, basta parlare di accoglienza. «Per un omosessuale è un’offesa. È come se gli dicessimo: sei fuoriposto, sei fatto male e quindi ti devo accogliere. La persona che si dice disposta ad accogliere già indica una diversità. La misericordia di Dio è per tutti e non può far sentire le persone sbagliate, tantomeno – ha concluso – le persone omosessuali».

 

Per continuare a leggere: https://www.gionata.org/omosessualita-lezioni-di-pastorale/

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