Il 2 novembre, giorno dei morti, ricordiamo i nostri quasi 200 medici e 50 infermieri morti di COVID mentre curavano i malati con una poesia di Mariangela Gualtieri, dal libro “Quando non morivo”, uscito per Einaudi.
Io non chiedo per voi l’eterna pace
non quel sonno infinito delle pietre
io non prego per la perpetua luce
in un teatro di tenebre ghiacciate
Non chiedo sonno per voi
non imploro riposo
io non prego perché restiate stesi
con palpebre sempre sigillate.
Chiedo ebbrezza per voi. Giocondità chiedo
vita piena di giovani animali della foresta
ebbrezza di slegati.
Chiedo per voi, morti nostri, un’adesione
e tutta la bellezza che vediamo
crescerci intorno e dalla quale siamo,
noi vivi siamo separati.
Nota che troppo spesso stona. Mano
che rovina. Testa che porta dentro sè nemici.
Siate bellissimi, morti nostri. Diventate voi
tutta la meraviglia di quando alziamo la faccia
nell’aperta notte e quasi non reggiamo
quell’impero enigmatico di stelle,
tutta l’eleganza armonica del cielo.
Siate voi.
Non prego per voi. Io prego voi.
Andate, Dove sarà svelata
la profezia dei fiori,
di tutti i fiori. Nella pace siate
di certe domestiche sere
nella gioia d’infanzia, nell’abbraccio tra umani, siate,
o quando piove d’estate dopo la calura, dentro
un vapore di fornelli, dove si fa il pane, siate,
dove si beve il latte. Nel semplice stare
che non vediamo, se non a volte,
dopo un dolore grande.
E il riposo vostro sia la melodia rotante
di tutti i mondi.
Sia nella voce di qualcuno che canta
nel rumore d’acque sia la vostra pace
in tutte le tane silenziose, dove da una madre pregna
esce un cucciolo inerme, bagnato di leccate.
Andate. Siate. Liberati nello svelato
mistero del nascere a qualcosa che non sappiamo,
che ha il tetro nome di morte e forse invece
come seme si schiude a più vaste vite, a più vaste
vedute. Forse.