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mercoledì, 1 Maggio, 2024

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L’esempio di Giulia De Marco, pioniera delle donne magistrato… e non solo

Su Avvenire di oggi, il ricordo di Giulia De Marco da parte di Paola Severini Melograni.

«Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna». Nel 2006 per Marsilio ho scritto Le mogli della Repubblica, un testo nato con l’idea di raccogliere le testimonianze di dodici donne coraggiose che hanno contribuito nell’ombra a raccontare la storia del nostro Paese. Storie ordinarie di donne straordinarie, che hanno rappresentato le più alte istituzioni italiane. Una di queste è stata Giulia De Marco, moglie dell’ex presidente della Camera Luciano Violante, che si è spenta ieri notte a Torino a 83 anni. «È difficile per una donna che voglia responsabilità dirigenziali occuparsi anche dei figli: perché le donne, inconsapevolmente, privilegiano la famiglia. Ma quando vorranno arrivare a quei posti, riusciranno». Queste sono le parole che mi disse Giulia De Marco nel ’94. Dopo questa intervista, diventammo amiche. Giulia e Luciano erano una coppia di magistrati, ma Giulia ha avuto un merito (e un ruolo) speciale: è stata una delle prime otto donne ad entrare in magistratura: «Sì – mi disse – faccio parte di quel gruppo di giovanissime (quaranta, ndr) che nel ‘65 hanno partecipato al concorso e l’hanno vinto. È stata una sentenza della Corte costituzionale che ha consentito alle donne di entrare in magistratura, oggi siamo quasi il 50%. Si aspetta che i tempi siano maturi perché le donne abbiano più posti dirigenziali di quanti non ne abbiano ora». E ora i tempi sono per davvero maturi, mentre prima si riteneva le donne «non avessero equilibrio sufficiente a decidere, perché l’equilibrio ormonale non consentiva loro di svolgere la funzione giurisdizionale». Giulia De Marco fu magistrato in un momento difficile: «Sono stata pretore del lavoro dal ’73 all’82, quindi nel periodo dei licenziamenti Fiat, un clima di tensione, tutti scortati, Luciano si occupava soprattutto di terrorismo nero. Poi presidente della Commissione antimafia; abbiamo sempre convissuto con le scorte e una sensazione di pericolo». Una sensazione da distinguere: da una parte «la paura per le persone alle quali si vuole bene; una paura fredda, grigia, livida, che prende alla gola», dall’altra la «paura per te stessa». Giulia De Marco ha fatto sempre scelte di grande responsabilità, personali e politiche. Per esempio non ha mai vissuto nei palazzi del “potere” e contestava la parola “potere”, a cui preferiva “istituzioni”: «In quel periodo la mia vita era buffa, perché era come se mi fossi impegnata a continuare a fare le due cose: il magistrato, presidente del Tribunale per i minorenni, e moglie del presidente della Camera. Andavo in udienza al mattino, prendevo un aereo il pomeriggio, con un abito da sera nel borsone, arrivavo alla Camera, e le guardarobiere mi stiravano il vestito. Facevo la mia comparsa, e l’indomani Luciano mi riaccompagnava in aeroporto. Le mie colleghe dicevano: Ma sotto la toga indossi ancora l’abito da sera?». Quando le chiesi come vedeva il suo futuro rispose così: «Il Tribunale per i minorenni, un lavoro estenuante con il disagio, con la malattia, la tossicodipendenza, quarantuno anni di magistratura, dal ’65 al 2005. Credo possa ritenermi soddisfatta». Rispetto alla religione si riteneva «credente, praticante a fasi alterne» e si domandava “perché esiste il male”, ma seppur non sempre ottimista, si lanciava nelle cose del mondo con coraggio. Era stata tra le prime donne a entrare in magistratura e aveva la sensazione che il mondo potesse essere delle donne, ma soprattutto aveva vissuto stagioni di cambiamenti e aspettative: «I ragazzi di oggi vivono in un mondo individualista, consumista, ma è vero anche il contrario: c’è una buona parte della nostra gioventù sana, determinata, che studia, lavora, anche a costo di grandi sacrifici».

(Foto di Francesca Cambi)

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