Ben 6 anni fa scrissi questo articolo per il Sole 24ore della domenica, citando l'enorme impegno di Francesco Micheli, allora Presidente di MITO, nei confronti dell'educazione musicale e soprattutto nell'educazione alla Bellezza.
La riflessione sulla Chgiana (istituzione che in questi ultimi anni è stata dalla politica grandemente ridimensionata purtroppo) è ancora valida, come attuali sono le questioni che riguardana il modo in cui la cultura viene trattata in Rai,e qui il Covid non c'entra.
Oggi Micheli (Repubblica Milano, che alleghiamo in fondo) ragiona sulla situazione che ci trova impreparati e indifesi attraverso l'immagine delle variazioni Goldberg di Bach. Ho quindi pensato che poteva essere interessante affiancare i due articoli.
Ve li ripropongo
Paola Severini Melograni
Investire in musica o investire nell'insegnamento della musica?
Non si tratta della stessa cosa: se la Rai impiega per esempio tanto denaro pubblico il sabato sera in showcome "Ti lascio una Canzone" (che ribadisco essere un esercizio di pornografia dell'apprendimento musicale e, soprattutto, la caporetto dell'educazione estetica impartito a milioni di bambine e bambini i quali non studieranno nei luoghi deputati ma invece impareranno ad ancheggiare e ad atteggiarsi come tante sgradevoli miniature di adulti volgari);questo tipo di "didattica al contrario", che non fa imparare il buono il bello il giusto ma fa credere che bastino la creatività o il talento o la fortuna di un momento per avere uno spazio nel mondo, non spiega che mai come nel settore dell'arte musicale, sia indispensabile esercitare tanta disciplina sul lavoro che si deve fare su di sé. Mentre la più grande agenzia culturale dopo la Scuola compie questo danno(e non basta il pur lodevole sforzo della bella Rai Cultura a pareggiare il piatto della bilancia),la Prima Agenzia Culturale gestita dallo Stato lascia in grandi difficoltà i più di cento licei musicali e non si impegna nell'attivare l'apprendimento della musica sin dalla scuola materna. Non è congli "orribili flauti di plastica" ,come ha più volte dichiarato Riccardo Muti, che si può aiutare una nazione conosciuta nel mondo intero come "il Paese della musica" a far crescere nuovi talenti e soprattutto a diffondere l'educazione musicale a tutti i livelli. La politica del flauto va smantellata: abbiamo capito tutti ormai quanto una buona educazione musicale ottenga un'influenza positiva nella crescita di un cittadino responsabile e attento, sappiamo bene come l'enorme opportunità di stabilire attraverso la condivisione della musica un valido dialogo interculturale non necessiti di essere dimostrata, ed è solo perché siamo malati di esterofilia,(quindi guardiamo ammirati alle pur buone esperienze sudamericane come fossero uniche al mondo!) che dimentichiamo sempre di citare quelle che sono le nostre esperienze, a partire dalle 2170 bande dei comuni e delle associazioni, fino ad arrivare alle tante onlus musicali che hanno fatto, attraversoimpegnativi e affascinanti percorsi, vere rivoluzioni sociali, in territori difficili e privi di opportunità dove sembrava impossibile compierli. Queste realtà confliggono con la staticità deiConservatori, i quali, con il vecchio ordinamento, riuscivano a portare sul palco soltanto un ristretto numero di giovani ben preparati, e che oggi con il nuovo, riescono a fare persino peggio, perché a causa della smania di equiparare il titolo musicale a quello universitario, accettano studenti che avendo già una rispettabile età, possono non sapere niente di musica suonata; l'unica preoccupazione di alcune scuole, (non tutte per la verità ) sembra essere quella di riempire gli organici previsti e di trovare allievi che paghino le rette ,e queste rette cominciano ad essere paragonabili a quelle delle scuole private più costose, mentre nel passato erano praticamente a carico dello Stato. Nonostante tante dimenticanze da parte dei politici, nonostante il nostro declino culturale, che corrisponde ai tagli che ci hanno portato dall'uno per cento di investimento in istruzione, fino allo 0,56 per cento attuale, la scuola italiana ,tutta la nostra scuola (non solo quella musicale), è semplicemente la migliore al mondo e ce lo dimostra il fatto che i giovani italiani all'estero vengono valorizzati in tutti i campi: potrebbe rappresentare un grande vantaggio la contezza che un segno distintivo della nostra identità è senza dubbio l'ammirazione che, fino a ieri, circondava tutti i nostri connazionaliche si esprimevano attraverso la rappresentazione della musica classica e in particolar modo del melodramma. Il contrappunto nazionale a questa visione che di noi hanno fuori dai nostri confini si esprime nella semplificazione dell'approccio italiano a tutto quello che rappresenta la disciplina artistica. A questo proposito sono stati raggiunti livelli impressionanti: se tutto è cultura, nulla è cultura. Gianluigi Gelmetti, grande artista e soprattutto grande Maestro, nel senso di docente, non soltanto di magnifico direttore d'orchestra, si imbestialisce quando sente parlare di cultura del cibo, di cultura del vino, di "narrazione" delle culture dei territori… cultura musicale è altra cosa! Insomma abbiamo lasciati soli docenti e allievi dei più di cento licei musicali e coreutici del nostro Paese, abbiamo lasciato soli i conservatori, per non parlare delle alte scuole di perfezionamento, favorendo (anche qui) l'emigrazione dei migliori. Non è un caso che i giovani musicisti di livello in Gran Bretagna siano quasi tutti italiani, uno per tutti, l'assistente di Pappano, Michele Gamba.
Non tutto va male, perché la modernità favorisce l'espandersi dell'ascolto della musica classica. Assistiamo stupefatti ad una crescita esponenziale del consumo di musica colta attraverso i nuovi media e i social: i dati FIMI (Federazione Italiana Musica)sono davvero magnifici, l'inversione positiva di tendenza in ascolto e consumo è emozionante (18 per cento in più di crescita del digitale negli abbonamenti, dove, la musica classica fa la parte del leone), ITunes, You Tube, Spotify, Cubomusica, Deezer, ci fanno comprendere come, mentre si allarga il pubblico (e quindi si creano nuovi mercati e possibilità di lavoro),questo nuovo pubblico è in realtà un pubblico autodidatta, e noi, per quello che riguarda l'educazione pubblica, siamo qui, fermi, congelati. Si è a lungo studiato il problema italiano che vede nella mancanza di élite a tutti i livelli il vero handicap della competitività del nostro Paese nel mondo, ma mai come nel settore della musica è necessaria una preparazione che privilegi il merito, e che quindi, attraverso la selezione dei migliori possiamo pensare di migliorare tutta la società di domani. Certo, nei mestieri collegati a questo mondo a volte il familismo amorale di antica memoria la fa da padrone: ma è difficile, se non impossibile, bleffare e fingere una preparazione che non c'è quando si è interpreti in pubblico. Per quello che riguarda la didattica invece è un'altra storia: in questo caso dobbiamo prendere esempio da altri, e in particolar modo dalla Francia, dove le attività musicali a scuola sono indicate come prioritarie sin dal 1994. Come ispirarci alla loro esperienza? Prima di tutto comprendere cosa vuole dire il termine "rafforzare" l'insegnamento musicale nelle scuole, che l'agenda Renzi dichiara; poi potrebbe essere utile individuare dei Consiglieri Pedagogici per elaborare un progetto vasto e flessibile dove, insieme all'attuazione di tutti i metodiper l'apprendimento conosciuti (e sono tanti) scegliendoli a seconda dell'età e del contesto, si attui finalmente un censimento degli strumenti didattici esistenti (partiture, dischi, video, nuove tecnologie etc) e si possano predisporre per i docenti una serie di suggerimenti sul loro utilizzo. La scuola italiana vivedi un florilegio di aggiornamenti insieme ad un altrettanto ricco e composito catalogo di sigle sindacali: ma l'età dei nostri insegnanti è la più vecchia d'Europa. Questo vuol dire che la musica moderna (ad esempio la musica jazz) trova rari estimatori perché in pochi la praticano non conoscendola. A questo proposito ricordiamo che in Francia uno degli obiettivi è" favorire l'apprendimento anche dei canti estratti dal repertorio moderno, per giungere a far sì che gli studenti possano essere coinvolti in espressioni collettive artistiche": sono parole di Vincent Maestracci, l'Ispettore Generale dell'educazione nazionale: più di 500 l'anno sono in quella nazione i cori tenuti da studenti di collége, con migliaia e migliaia di allievi che collaborano con musicisti professionisti, con compositori,con interpreti! Una attività didattica documentata da dischi e video e che va al di là di un semplice concertino: si tratta di una percorso artistico vero e proprio che può essere definito come teatro musicale ,con un lavoro preciso di regia. Un cittadino "più musicale" non solo canterà meglio, ma sceglierà meglio cosa ascoltare, il lessico da usare migliorerà il suo stile di vita, avrà più fiducia in sé stesso e nelle proprie capacità creative prima e professionali poi, avrà infine meno timore dell'altro. Paolo Damiani, musicista e coordinatore del Comitato presieduto dall'ex ministro dell'Istruzione Berlinguer ( il famoso comitato nazionale per l'apprendimento pratico della musica, deliberato il 28 luglio 2006) definisce "l'altro" non solo come qualcuno che pratica una religione diversa dalla nostra e che proviene da territori lontani ma "l'altro è l'artista, la cui opera va sostenuta in quanto antidoto allacolonizzazione culturale e alla standardizzazione della produzione audiovisiva ,sottoposta a logiche di massima redditività, l'artista critica il presente contribuendo a rendere viva e vigile la società : cosa si aspetta a fare entrare gli artisti nelle scuole e a riconoscere alla musica un ruolo fondamentale nella formazione dei singoli e nello sviluppo della creatività e della coscienza?" .E un altro esperto di politiche musicali, Angelo Schiavi elenca quattro regole auree da seguire per tutte le scuole: il primo punto, basta con le politiche dei grandi nomi, spesso stranieri, che non coprono le carenze strutturali delle scuole( tra l'altro questi insegnanti sono soggetti a lunghe assenze e concessioni per logiche questioni artistiche); i Conservatori non devono essere più il rifugio a vita di coloro che inseguono il posto statale, ma devono tornare alla loro vocazione di laboratori permanenti di creatività e ricerca; la formazione dei didatti poi deve essere completa: ci sono infatti docenti di musica classica che non conoscono la musica jazz o funk che non hanno nozioni di letteratura, che non hanno mai provato a musicare una poesia. Insomma si tratta di completare la cultura degli allievi, aprendo loro molteplici possibilità di arricchimento intellettuale. Per ultimo ma non da ultimo, le istituzioni musicali devono assolutamente curare la parte scenica, visiva e comunicativa degli spettacoli, e ciò non va a sminuire, ma anzi ad arricchire la proposta formativa. Insomma una vera didattica (e questo vale per tutti i tipi di scuole di formazione) dovrebbe avere l'obiettivo di far crescere proprio tutti gli allievi e non soltanto quelli più dotati: per questi ultimiabbiamo le masterclass, di cui la più prestigiosa è senza dubbio l'Accademia Chigiana. Ho avuto l'opportunità di conoscere da vicino questa gloriosa istituzione, essendo stata Consigliere designata dal Mibact in questa scuola di perfezionamento: l’Accademia Chigiana che si definisce Fondazione nel nome, ma in realtà è una Onlus, nasce nel 1932 come Primo Corso di Formazione Musicale presso Palazzo Chigi Saracini di Siena, grazie alla generosità del Conte Guido Chigi.Sin da questo primo corso i docenti erano straordinari e al massimo livello anche per quei tempi: Germani per l’organo, Gonvierre e poi Casella per il pianoforte, Varesi Bocca Badati per il canto, Sassoli Ruata per l’arpa, Serato per il violino, Bonucci per il violoncello e Frazzi per la composizione. I corsi erano stati preceduti da varie stagioni di concerti invernali (che ancora si perpetuano) chiamati dal motto della famiglia: “Micat in vertice”, a partire addirittura dal 1923.
Il Conte Guido Chigi Saracini muore nel 1965 lasciando al pubblico un patrimonio ingentissimo che ha due valenze: quella dei beni; il Palazzo, varie case e terreni a Siena e nel circondario, collezioni straordinarie di mobili, quadreria (opere di Botticelli, Sassetta, Sano di Pietro, Sodoma, Baccafumi, Vanni), abiti, argenteria, soprammobili, vasellame, strumenti musicali, una biblioteca musicale e letteraria assolutamente incredibile con più di 70.000 libri e carteggi, i cui volumi risalgono al Medio Evo,un fantastico archivio fotografico dagli anni venti ad oggi e, soprattutto la reputazione di essere l'alta scuola di musica più importante al mondo. Dall’accademia Chigiana usciranno musicisti del calibro di Pablo Casals, Antonio Guarnieri, Alfredo Casella (che affiancò il conte Chigi Saracini proprio nel momento della creazione dell’Accademia Chigiana), Arrigo Serato, Sergiu Celibidache, George Enescu, Andrés Segovia, Alfred Cortot, Jacques Thibaud, Nathan Milstein, Yehudi Menuhin, Hermann Scherchen, Guido Agosti, Gino Bechi, Gina Cigna, André Navarra, Riccardo Brengola, Giorgio Favaretto, Fernando Germani, a cui sono seguiti, dopo la morte del Conte, Franco Ferrara, Goffredo Petrassi e molti altri ancora. E poi, in tempi più recenti: Carlo Maria Giulini, Salvatore Accardo, Bruno Giuranna, Franco Petracchi, Franco Donatoni, Kenneth Gilbert, Severino Gazzelloni, Franco Gulli, Oscar Ghiglia, Antony Pay, Trio di Trieste, Michele Campanella, Christophe Rousset, Giuliano Carmignola, Azio Corghi.La Chigiana è finanziata sia dal patrimonio del Conte, che dalla Banca Monte dei Paschi di Siena, ma nell’ultimo ventennio la gestione dei fondi provenienti da Monte dei Paschi è stata veicolata dalla Fondazione Monte dei Paschi . L’Accademia Chigiana riceve richieste da tutto il mondo di allievi che vogliono frequentare la Masterclass, richieste alle quali non riesce a rispondere!
Nonostante questa meritata fama, a causa delle ultime vicende del Monte dei Paschi di Siena e della stessa Fondazione l’Accademia ha perso qualità, livello, visibilità e rischia di chiudere. Sarebbe qui troppo lungo spiegare gli errori che si sono succeduti dovuti a mala gestione e incompetenza.
Considerando che ancora oggi nonostante un comportamento pervicace autolesionista da parte dei gestori, la reputazione della Chigiana rimane a livelli altissimi e gli attuali docentisono per esempio tra gli altri Gianluigi Gelmetti per la direzione d’orchestra, Salvatore Accardo per il violino, Luis Bacalov la composizione per i film, Renato Bruson e Raina Kabaivanska per il canto, Alexander Lonquich per il pianoforte, Oscar Ghiglia per la chitarra, Giuranna per la viola, e che molti tra i più grandi musicisti del mondo desidererebbero diventare docenti o insegnanti ospiti per una stagione è stupefacente pensare che le messe in scena (opere prime, eventi vari) vadano praticamente deserte, che il territorio stesso, geloso “occupante” tramite la politica, poi non conosca e non comprenda la qualità e il livello delle performances musicali e che soprattutto il Palazzo e le sue collezioni siano visitate da un pugno di persone ogni anno- considerando che a Siena in occasione del Palio ci siano milioni di turisti!
Le spese fisse per un personale non più adeguato e che non ha mai seguito corsi d’aggiornamento sono esigue, si tratta di dodici persone che dovrebbero essere o riconvertite o prepensionate. Le spese importanti restanti sono per i corsi e per la gestione. Peraltro ad eccezione delle borse di studio per gli studenti particolarmente bisognosi e particolarmente meritevoli, gli altri studenti pagano. A tutt’oggi non si intravede una possibilità di sopravvivenza futura per l’Accademia nonostante il suo doppio patrimonio, economico e di reputazione.
Per potersi salvare l’Accademia Chigiana dovrebbe in tempi brevissimi cambiare status amministrativo passando da onlus (gestita in realtà come Fondazione e “invasa” dalla mano pubblica) ad una agile Fondazione in partecipazione con un Consiglio d’Amministrazione composto da non più di cinque membri, e riducendo in maniera netta e definitiva le intromissioni della politica nazionale e locale.
Siamo partiti dall'insegnamento della musica nella scuola dell’obbligo per finire al caso di specie su come salvare il più prestigioso corso di perfezionamento musicale in Italia. Questo è lo spettacolo che la didattica musicale ci offre oggi.Ne parleremo durante il festival MiTo, un vero modello virtuoso di festival che vuole non solo seguire i gusti del pubblico ma formare e indirizzare questi stessi gusti, prossimo 12 settembre quando analizzeremo l’esistente per proporre risposte al pianeta musica insieme con il Ministro Stefania Giannini, Gianluigi Gelmetti, Francesco Micheli e l’assessore alla cultura di Milano Del Corno. "...Studiavo il violoncello-che non amavo-e lo studiavo per rendere felice il mio professore che vedeva in me molto più di quello che ero-ma avevo una sete inesausta di conoscere,di sapere la musica-tutta la musica!Ed anche allora come oggi,ero sempre insoddisfatto di me.."Queste parole di Arturo Toscanini ci ricordano come sia vero che la musica ci renda migliori, tutti.
Paola Severini Melograni
Segretario del comitato Internazionale "VivaToscanini"