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sabato, 27 Luglio, 2024

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“Il viaggio di un poeta nei mari della memoria” di Renato Minore

“Muoio di sete, fammi bene alle acque della memoria” dice l’antico poeta orfico: quando si parla di memoria, il riferimento è al fondamento stesso della conoscenza e dell’azione individuale e collettiva. La memoria plasma come un demiurgo il carattere degli individui e dei popolo: conservandone esperienze e informazioni, crea i presupposti essenziali di qualsiasi comportamento progresso. Da poeta qual è Umberto Piersanti (1941), scrive un piccolo memoir critico e lirico in cui utilizza […] la natura, i borghi. Le persone della propria vita. Le “rimembranze” danno senso e colore ad un passato che altrimenti non esiste più, folgorato nello stupore di un eterno ritorno, pensiero emozionato nel modo di far riaffiorare il cielo e le stagioni delle sue Cesane. Memoria è tutto questo: poetica o collettiva, o mitica o involontaria, perlustra l’infanzia e l’adolescenza, ogni vicenda personale prende forma di storia. E’ la ricerca di un momento di autenticità all’interno di un presente che si può presentarsi falso e artificiale, un attimo di vero sentire che può redimere. Ragionando su sè stesso e su poeti amati (da Leopardi a Saba e Bertolucci), Piersanti ricorda che la memoria individuare e la poetica danno “senso e struttura allo scorrere dei giorni”, una autorità a chi racconta, ma “anche in generale all’uomo che rammenta”. La sua etica è nel modo illimitato e tutto arrischiato, alla ricerca di una impossibile precisione, con cui insegue i suoi fantasmi, le ossessioni, la costruzione del suo sentimento del mondo per cui il peso di un io, della vita interiore di un io diventa sempre più leggero all’ombra della parola in cui si specchia la trasfigurazione del ricordo: “l’età breve/che negli anni s’inoltra/e ti pervade/, ossessiona i tuoi giorni,/e un poco/almeno un poco/li consola”.

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