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martedì, 21 Maggio, 2024

fondato e diretto da Paola Severini Melograni

Letteratura per l’infanzia e disabilità

Essere disponibili a incontrare l’altro. Saper guardare anche realtà scomode. “Abitare la soglia” significa tutto questo. E di più. “Abitare la soglia. Sguardi inclusivi nella letteratura per l’infanzia” è il titolo di un libro edito da Pensa Multimedia in cui dentro c’è tanto dell’impegno profuso in questi anni dall’autrice, Maria Filomia, docente di Letteratura per l’infanzia presso l’Università degli Studi di Perugia. La incontriamo e scopriamo una persona superentusiasta di raccontarlo questo nuovo libro. Perché la rappresentazione della disabilità può essere incontro, conoscenza, scoperta di sé.

Lei definisce “Abitare la soglia” un libro-seme. Quali riflessioni e azioni spera che questo seme generi?
«Due tipi di frutto. E comunque sempre frutto di movimento. Che educatori e insegnanti possano comprendere cos’è questa soglia che io propongo e che invito ad attraversare. E che poi si possano fare accompagnatori dei bambini verso e possibilmente oltre questa soglia».

Cita Paolo Freire. In cosa è stato di ispirazione il pedagogista brasiliano nei suoi studi su questo tema specifico?
«Freire, come altre figure che nella mia formazione hanno avuto un ruolo significativo, è uno di quei pedagogisti che mi ha insegnato a sperare nella libertà, nel fatto che tutti i condizionamenti, le povertà di qualunque tipo, non condannano in maniera definitiva la persona».

Abitare la soglia per incontrare l’altro, anche la realtà scomoda. Ma la letteratura deve aiutare a rendere meno scomode certe realtà?
«Io spero invece che la letteratura continui a lasciare scomode le cose scomode. Che non le voglia per forza ricomporre in un orizzonte di ordine. In particolare, rispetto alla disabilità, il tema che io affronto in questo volume, la letteratura che propongo è schietta, non ha paura di dire le paure, non ha paura di dire il dolore, di dire che ci sono delle cose brutte, “solo” perché fanno male. E quindi io spero che la letteratura resti sempre una spina nel fianco del lettore, perché solo così possiamo realizzare quell’incontro mediato. Io posso incontrare l’autenticità dell’altro attraverso la letteratura. Però solo se questa resta scomoda, se non vuole per forza rendere il posto bellino, la persona vincente a ogni costo».

In che modo la letteratura è una chiave di accesso alla disabilità?
«La letteratura che io propongo presenta l’altro, la persona con disabilità fuori dall’etichetta della sua diagnosi. E quindi presenta le sue possibilità, ricchezze, interessi, sentimenti, ci consente di entrare in empatia con il personaggio. La letteratura, poi – rispetto, che so, al giornalismo –, mette dentro anche la poesia. L’emozione, i sentimenti – complessi – sono in chiave poetica. Inoltre la letteratura apre sempre alla speranza».

Quando è che una storia, anche se parla di disabilità, dà a un bambino che non abbia difficoltà fisiche o intellettive, la possibilità di immedesimarsi?
«La storia apre sempre alla possibilità di immedesimarsi, anche quando leggiamo di qualcuno che non si conosce. Faccio un esempio che sembra lontano, però per i bambini è efficace: se io non leggo mai di un pirata non potrò mai sapere che i pirati esistono. Se io non leggo della complessità del reale, non ne avrò mai una conoscenza. E poi la letteratura per l’infanzia non racconta mai di un singolo bambino, ma di un bambino in relazione a un fratellino, a una sorellina, alla sua mamma, la scuola, i compagni. Mi viene in mente un albo che si intitola “Noi” di Elisa Mazzoli. Il bambino io narrante è a scuola, parla di “noi”, intendendo lui e i suoi amichetti, non comprendendo in questo “noi” Occhione, un bambino che ha delle difficoltà. Poi un giorno si ritrova da solo in cortile con Occhione; iniziano a parlare, a giocare e allora si rende conto che quelle difficoltà che lui aveva notato e che prima erano motivo di allontanamento, ora che ha conosciuto la realtà di Occhione non hanno motivo di esistere. Quel “noi” è diventato i due bambini. Quindi un bambino che legge può vedere la difficoltà che ha rispetto alla paura, la non comprensione, ma anche la possibilità di un incontro, i tesori che ogni altro bambino ha da darmi».

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Fonte: https://www.italiacaritas.it/blog/rubrica/la-disabilita-nella-letteratura-per-linfanzia/

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