14.3 C
Roma
domenica, 12 Maggio, 2024

fondato e diretto da Paola Severini Melograni

La nuova realtà produttiva obbliga ad adattare i concetti di lavoratore subordinato e collaboratore autonomo

Vorrei segnalare la recentissima sentenza n. 3570 pubblicata il 24/11/2020 dal Tribunale di Palermo – Sez. Lavoro che rappresenta “una pronuncia contro tendenza”, sul tema dibattuto relativo alla qualificazione del rapporto di lavoro con i così detti “Riders” (lavoro subordinato o autonomo?) ispirandosi in ogni caso a principi generali condivisibili sull’evoluzione del diritto rispetto ai cambiamenti socio economici.
Del resto, la sentenza del Giudice di Palermo sopraggiunge nell’attuale situazione di pandemia, in cui senz’altro l’attività dei riders per le piattaforme digitali del Food Delivery, niente affatto penalizzata (anzi direi implementata) dai provvedimenti governativi restrittivi come invece, purtroppo, gran parte del tessuto economico produttivo globale.
Chi di noi, almeno una volta, non ha ordinato del cibo a domicilio tramite le ormai diffusissime piattaforme della Gig economy, soprattutto nei periodi di lockdown!
Ma veniamo alla sentenza citata. Nel giudizio in questione il ciclofattorino (“rider”) deduceva di aver prestato attività lavorativa in forma continuativa in favore di piattaforma digitale di food delivery, di essere stato disconnesso dalla piattaforma e mai più riconnesso alla medesima, nonostante le sue ripetute richieste e di aver quindi impugnato l’asserito licenziamento orale, discriminatorio e ritorsivo, in relazione alle richieste poco prima avanzate nei confronti della società, di fornitura dei DPI (dispositivi di sicurezza), rivendicando così la natura subordinata del rapporto di lavoro.
Il Giudice di Palermo parte, innanzitutto, considerando la piattaforma digitale per la quale il rider in questione svolgeva attività, come “attività di impresa”, alla luce anche della giurisprudenza internazionale e della Corte di Giustizia che, in relazione alle piattaforme digitali utilizzate per organizzare il trasporto di passeggeri o la distribuzione di cibi e bevande a domicilio, si sono orientate nel ritenere che il principale oggetto e scopo delle medesime consiste in attività di impresa di trasporto di persone o di consegna a domicilio di cibo e bevande.
Secondo il Giudice del Lavoro di Palermo, quindi, se le piattaforme possono considerarsi imprese, si apre, de facto, la possibilità che i suoi collaboratori lavorino per conto (e non semplicemente in nome) della piattaforma stessa e che, dunque, siano inseriti in una organizzazione imprenditoriale, di mezzi materiali e immateriali, di proprietà e nella disponibilità della piattaforma stessa e così del suo proprietario o utilizzatore.
Seguendo tale ragionamento, quindi, il Giudice di Palermo ha riconosciuto la natura subordinata del rapporto di lavoro del rider, in contrasto con le precedenti pronunce della giurisprudenza.
Ed infatti, le precedenti pronunce avevano finora escluso che i rider possano qualificarsi come lavoratori subordinati, in ragione del fatto che possono scegliere se e quando lavorare (ricordiamo anche la sentenza Corte di Cassazione n.1663/2020). Anche la giurisprudenza di merito italiana finora pronunciatasi sul caso della qualificazione del rapporto dei fattorini (Trib. Torino, 7 maggio 2018, n. 778; Trib. Milano, 10 settembre 2018, n. 1853), ha escluso che possa trattarsi di lavoratori subordinati proprio in ragione del fatto che possono scegliere se e quando lavorare.
Al contrario, il Giudice di Palermo nella sua sentenza, che fa senz’altro discutere, ha ritenuto, nel caso di specie, che la libertà del rider di scegliere se e quando lavorare non fosse reale, ma solo apparente e fittizia: il rider può solo scegliere di prenotarsi per i turni che il sistema mette a sua disposizione in ragione del suo punteggio, ma per il resto è soggetto al potere organizzativo della piattaforma. Le modalità di assegnazione degli incarichi di consegna da parte dell’algoritmo, inoltre, costringevano il lavoratore a essere a disposizione del datore di lavoro nel periodo di tempo antecedente l’assegnazione, mediante la connessione all’app con il cellulare carico e la presenza fisica in luogo vicino quanto più possibile ai locali partner della piattaforma, realizzando così una condotta tipica della subordinazione. Sulla base di queste considerazioni, la sentenza riqualifica il rapporto come una forma di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, con mansioni di ciclofattorino. Quale effetto sortirà tale sentenza – sempre che venga confermata nei successivi gradi di giudizio, ovvero, dinanzi alla Corte d’Appello e dinanzi alla Corte di Cassazione – nell’orientamento futuro degli altri giudici italiani? Una cosa è certa. La nascita di nuove figure lavorative con i mutamenti delle realtà produttive ed anche delle nuove abitudini sociali necessitano costantemente adeguamenti del diritto e, quindi, anche dei più classici indici della qualificazione del rapporto di lavoro elaborati in passato dalla giurisprudenza.
La nuova realtà produttiva impone adeguamenti della legge, a tutela di ogni lavoratore, della collettività e, quindi, delle imprese e nell’interesse produttivo economico del nostro Paese e del mercato globale. Non è un caso se anche il Giudice palermitano nella sentenza, ricordi che “si deve tenere a mente che l’art. 2094 c.c. venne scritto per la prima Rivoluzione Industriale, in cui il modello di lavoro subordinato era quello dell’operaio della
fabbrica e del fordismo”. Ed ancora, menzioni la sentenza della Sala de Social spagnola: “En la sociedad postindustrial la nota de dependencia se ha flexibilizado. Las innovaciones tecnológicas han propiciado la instauración de sistemas de control digitalizados de la prestación de servicios. La existencia de una nueva realidad productiva obliga a adaptar las notas de dependencia y ajenidad a la realidad social del tiempo en que deben aplicarse las normas.” (traduzione: “Nella società postindustriale il concetto di dipendenza è diventato più flessibile. Le innovazioni tecnologiche hanno favorito la nascita di sistemi di controllo digitalizzati per la prestazione dei servizi. L’esistenza di una nuova realtà produttiva obbliga ad adattare i concetti di dipendenza e alienità alla realtà sociale del tempo in cui le norme devono essere applicate.”).
Aggiungerei però che la nuova realtà produttiva obbliga ad adattare non solo il concetto di lavoratore subordinato, ma anche quello di collaboratore autonomo o, comunque, anche a creazioni di “nuovi abiti su misura” laddove necessario a tutela di imprese, dell’intero mercato del lavoro, dei lavoratori e quindi di noi tutti.

ARTICOLI CORRELATI

CATEGORIE

ULTIMI ARTICOLI