Fra le questioni che fanno discutere – anche questa è fragilità – c’è quella legata a una possibile “responsabilità civile dell’amante”.
Un uomo, vicenda accaduta qualche decennio fa, gestisce con la moglie un negozio di elettrodomestici, ai bordi del Tevere.
Gli affari prosperano; sicché il nostro decide dopo un po’ di allargarsi, cercando nuovi clienti, non solo nel circondario immediato.
Deve restare fuori la notte a volte: la decisione è perciò quella di assumere un commesso, di bella presenza.
Passano tre anni, la moglie rimane incinta; esaminando allora i conti dell’azienda il marito si accorge di ammanchi vari, accumulatisi nel tempo: dopo un po’ il bambino nasce.
Dalle carte emergeranno nuovi dettagli: la moglie e il commesso hanno una tresca amorosa, consolidata, il figlio è di quest’ultimo; i soldi spariti sono finiti in un libretto di deposito, intestato ai due amanti.
Ecco il marito disconoscere il figlio, a quel punto, e chiedere la separazione; aggiungendo però una “strana” domanda in giudizio, volta al risarcimento del danno.
Nessun riferimento, è un gentiluomo il nostro, all’ex moglie; destinatario della richiesta è unicamente l’ex commesso: “Me l’hai portata via, – ecco il rimprovero, – sei tu alla radice di quel tradimento, l’hai incitata in modo subdolo, mentre non c’ero: dovrai rendermi conto adesso, i danni non patrimoniali soprattutto”.
Ebbene ecco una situazione in cui difficilmente la richiesta verrà accolta
Del proprio cuore uno è libero, al mondo, di fare ciò che vuole; è quell’organo a dettare gli impulsi profondi, dal centro del nostro petto, a dirigere le azioni che compiamo.
Né il legame lavorativo era tale da creare, nel caso in esame, vincoli di sorta fra i due uomini.
Nessun risarcimento dunque.