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martedì, 14 Maggio, 2024

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La legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale un articolo di Maddalena Boffoli

Ritorniamo a trattare il tema del lavoratore che rifiuta di vaccinarsi ed, in particolare, della legittimità costituzionale della recente disposizione normativa che ha introdotto l’obbligo vaccinale per il personale sanitario.

Come già avuto modo di evidenziare nel precedente articolo (“Può essere licenziato il lavoratore che si rifiuta di effettuare il vaccino anticovid-19?”), la possibilità di rendere obbligatoria o meno la vaccinazione della popolazione e/o di categorie specifiche è stata – ed è ancora – oggetto di acceso dibattito.

Ed infatti, nonostante la sopravvenuta imposizione legislativa dell’obbligo di sottoporsi al vaccino per gli operatori sanitari, con l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 44 del 1° aprile 2021, i Tribunali italiani continuano ad essere investiti da domande relative alla possibilità di rifiutare la vaccinazione in applicazione all’art. 32 della Costituzione, sollevando anche la questione di illegittimità costituzionale di tale obbligo.

Come noto, il Decreto Legge n. 44/2021 ha espressamente previsto l’obbligo di sottoporsi al vaccino per gli operatori sanitari, precisando altresì che tale vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio delle professioni e delle prestazioni.

Ne consegue che il mancato rispetto dell’obbligo vaccinale, non giustificato da un accertato pericolo per la salute ed in assenza di mansioni alternative disponibili, anche inferiori, che non comportino contatti interpersonali o rischio di diffusione del contagio, determina la sospensione dalla prestazione e dalla retribuzione fino al 31 dicembre 2021 o fino all’assolvimento dell’obbligo.

Con tale impianto normativo, il Legislatore, bilanciando l’interesse nazionale e della collettività con quello del singolo individuo, ha, di fatto, superato il problema relativo all’obbligatorietà del vaccino, in ossequio alla disposizione contenuta nella nostra Carta costituzionale, ove prevede che “… Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. …” (art. 32 Cost.).

Tuttavia, anche a fronte del nuovo ed “inequivocabile” obbligo legislativo in materia, il Tribunale di merito e, nella specie, la Sezione Lavoro del Tribunale di Belluno, è tornato ad occuparsi della questione relativa al diritto a lavorare del personale sanitario anche se non vaccinato.

In particolare, il Tribunale Bellunese, ancor prima dell’operatività legislativa dell’obbligo vaccinale, aveva rigettato con ordinanza del 19 marzo 2021 le domande proposte da alcuni operatori sanitari che erano stati collocati in ferie forzate, in quanto avevano rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione, confermando la legittimità dell’allontanamento disposto dal datore di lavoro, al fine di garantire l’obbligo di tutela della salute ex art. 2087 c.c..

Come già rilevato nel precedente articolo, infatti, il citato art. 2087 c.c. impone all’imprenditore, stante la propria posizione di garante dell’incolumità fisica del lavoratore, di adottare tutte le misure necessarie e possibili al fine di salvaguardare chi presta l’attività lavorativa alle proprie dipendenze; il datore di lavoro è, pertanto, tenuto a prevenire i rischi insiti nell’ambiente di lavoro, considerato che la sicurezza del lavoratore è un bene di rilevanza costituzionale che impone al datore di anteporre al proprio profitto la sicurezza di chi esegue la prestazione.

Orbene, tale orientamento è stata ribadito dallo stesso Tribunale in composizione collegiale il 6 maggio 2021, il quale ha rigettato il reclamo presentato dai medesimi lavoratori, i quali hanno tentato, a prescindere dall’avvento del nuovo dettato normativo del D.L. n. 44/2021, di affermare il loro diritto a non vaccinarsi.

Nella specie, i lavoratori hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma che impone l’obbligo vaccinale, ritenendola in violazione con l’art. 32 della Costituzione.

Sul punto, il Tribunale di merito confermando i consolidati principi della Corte costituzionale in materia, ha ritenuto manifestamente infondata la pretesa illegittimità costituzionale dell’obbligo di vaccinazione previsto dalla legge, in quanto tra il diritto di libertà del lavoratore di non vaccinarsi ed il diritto alla salute dei soggetti fragili, e più in generale della collettività, deve prevalere quest’ultimo.

Ed infatti, la prevalenza della tutela del diritto alla salute degli altri rispetto diritto di libertà del lavoratore di non vaccinarsi è stata affermata più volte dalla Corte Costituzionale che ha ritenuto compatibile con i precetti costituzionali la previsione di un obbligo legislativo di vaccinazione, quale espressione della necessità di bilanciare la libertà di cura del singolo con il diritto alla salute degli altri e dell’intera collettività (Corte Cost. n. 5/2018, afferente l’obbligo vaccinale contro il morbillo; Corte Cost. n. 258/1994, relativa al vaccino obbligatorio contro poliomielite, difterite, epatite B e tetano).

In tale ottica, dunque, in considerazione della situazione emergenziale in cui viviamo oggi, il bilanciamento tra il diritto di libertà del lavoratore di non vaccinarsi e la tutela del diritto alla salute degli altri, fa propendere per la soluzione secondo cui il diritto del singolo, in determinate situazioni, “in base al criterio della proporzionalità, in termini di costi e benefici, tra i vari “principi” in gioco e dei sacrifici dei diritti contrapposti” (Corte Cost. n. 372/2006), deve cedere agli interessi della collettività, sacrificando la propria libertà di scelta.

 

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