Vi proponiamo la poesia del nostro caro editorialista Umberto Piersanti scritta a dicembre 2017.
25 dicembre del ‘42,
un giorno,
un giorno a caso
della vita,
il tempo ch’è passato
lo misuri
dalla memoria che
a quell’ora non giunge,
e non c’è chi interroghi
e racconti,
solo nelle memorie
ora esistete,
ombre a me sacre,
sacre e infinite
dinnanzi agli occhi mesti
ma così spesse
e vere,
così tenaci,
molto, molto più folte
siete
di chi è rimasto
magari per un premio
o una licenza
è tornato il padre
da quei monti
dove i ribelli
nascosti tra i massi
sparano sui soldati
che lenti avanzano,
la madre non prepara
i cappelletti,
è un Natale povero,
di guerra,
ma stende sulla madia
i tagliolini,
il brodo è tutto caldo,
grande e calda la stufa
con quel tubo
che per il muro sale,
smisurato,
e calde le sorelle
accovacciate
cerchiano d’argento
i mandarini
forse t’ha alzato
il padre
sulle spalle
e dato per giocare
la sua bustina,
e ridono le donne,
sono felici,
il padre resta lì
un mese intero
no, l’albero non c’era,
venne dopo,
ti ricordo padre
che trascini
nella divisa
adattata ai lavori,
quel gran ramo innevato
dalla pineta
ma le sorelle
nei greppi lontani
hanno colto il muschio
per il presepio,
poche le statuine,
lo spazio stretto,
col pungitopo
grigio, dai rossi accesi
l’angoliera diviene
un bosco immenso
venne la notte
coi vetri oscurati,
non debbono vederci
su dal cielo
chi la morte
sgancia sulle case
nel nero smisurato
che c’avvolge
e fascia,
fin dentro il sangue
t’entra il fischio nero,
tu piangi ma non sai,
gli altri lo sanno
t’hanno accolto nel mezzo
padre e madre,
tu dormi
e più non senti
il fischio nero