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lunedì, 14 Ottobre, 2024

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Più fragili, invisibili, dimenticati

Sul Corriere della Sera di sabato 7 settembre Ferruccio De Bortoli ha scritto un editoriale sulle persone non autosufficienti, perché la questione dell’assistenza a queste persone (sono 3,8 milioni) non è mai una priorità della politica. Ne riportiamo alcuni passaggi significativi.

Nella rappresentanza degli interessi, e soprattutto dei bisogni, non conta essere in tanti. E ancora di meno avere qualche ragione. Decisivo è il potere di farsi sentire di più. Chiamiamolo fattore grida. Se poi ci si occupa di servizi pubblici — come accade in questi giorni per i trasporti — e dunque si presidiano snodi fondamentali della vita pubblica — la capacità di incidere sulle scelte contrattuali o legislative sale in maniera esponenziale fino ad assumere qualche volta la forma del ricatto.

Se siamo un Paese civile e solidale (e lo siamo grazie a un grande capitale sociale e tanto volontariato) dovremmo chiederci tutti perché la questione dell’assistenza agli anziani non autosufficienti (3,8 milioni di persone) non assuma mai il carattere di un’emergenza, una priorità della politica.

Se sommiamo agli anziani fragili l’insieme delle famiglie coinvolte e gli operatori professionali arriviamo a una platea di circa dieci milioni di persone. Non poche. Altri Paesi hanno adottato da tempo una legge in materia: la Germania dal 1995, la Francia dal 2002, la Spagna dal 2006.

Il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) ha reso inevitabile una riforma anche in Italia. Dopo la legge delega del marzo del 2023, elaborata già ai tempi di Draghi, nella primavera di quest’anno, il governo Meloni ha emanato il decreto attuativo della riforma che però è bloccata. Non c’è ancora un servizio domiciliare pubblico progettato per la non autosufficienza. Quelli esistenti, pur lodevoli, hanno altre priorità. I 2,7 miliardi stanziati dal Pnrr non servono per la domiciliarità bensì per attività di controllo e monitoraggio (una visita al mese). Non è stata cambiata l’indennità di accompagnamento (528 euro mensili) graduandola ai bisogni delle famiglie. Oggi è incredibilmente uguale per tutti. Anche per chi ha redditi elevati. Non si regolarizza l’esercito delle badanti e dei badanti (il doppio dei dipendenti del Servizio nazionale) per premiarli impiegandoli in modo regolare. C’è solo un bonus temporaneo di cui beneficia solo il 2 per cento degli anziani. Una badante o un badante spesso è un lusso.

Il Patto per il nuovo welfare sulla non autosufficienza, che riunisce 60 associazioni della società civile, ha ottenuto che il Pnrr si occupasse di anziani ma ha anche scoperto amaramente che il «lobbismo buono» fatica a trovare ascolto. La realtà amara è che non vi sono risorse sufficienti. Ma si stenta a dire la verità. Perché sarebbe oscena. E imbarazzante non solo per i governi che si sono succeduti ma anche per la società nel suo complesso.

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