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sabato, 18 Maggio, 2024

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Rohingya: Save the Children, sei anni dopo le violenze, oltre mezzo milione di bambine e bambini sono a rischio a causa dei drastici tagli all’assistenza alimentare

Sei anni dopo che 750.000 Rohingya sono stati costretti a fuggire dalle violenze in Myanmar per cercare sicurezza in Bangladesh, la salute e il benessere di oltre mezzo milione di bambini rimane a rischio a causa dei recenti e drastici tagli all’assistenza alimentare. Questo l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro.

I rifugiati Rohingya nei campi di Cox’s Bazar – il più grande insediamento di rifugiati al mondo – hanno ora un terzo di cibo in meno rispetto a cinque mesi fa e l’Organizzazione per i diritti dell’infanzia teme che le persone saranno spinte ancora di più verso la fame e la malattia se non ci saranno finanziamenti aggiuntivi urgenti. Le testimonianze raccolte da Save the Children[1] raccontano della paura di morire di fame: un ragazzo di 12 anni ha detto di non aver mangiato frutta da tre mesi. I genitori raccontano di ritrovarsi regolarmente senza cibo per nutrire i propri figli e di non riuscire a dormire la notte a causa dell’ansia per la sopravvivenza delle loro famiglie.

Dal marzo 2023, il PAM (Programma Alimentare mondiale) è stato costretto a tagliare di un terzo l’assistenza alimentare al milione di rifugiati nei campi, portandola a soli 8 dollari al mese o 0,27 dollari al giorno, a causa di una massiccia carenza di fondi[2]. I rifugiati Rohingya dipendono quasi interamente dagli aiuti alimentari per sopravvivere, poiché non possono lasciare i campi o lavorare formalmente. In una recente valutazione, diverse famiglie di rifugiati Rohingya hanno raccontato a Save the Children che con 27 centesimi al giorno si possono comprare solo riso e un litro di olio e che i loro bambini si ammalano a causa della grave carenza di alimenti diversi e nutrienti, come carne, uova o verdure.

Anche prima dei primi tagli alle razioni alimentari, il 45% delle famiglie Rohingya non aveva una dieta sufficiente e la malnutrizione era molto diffusa nei campi, con il 40% dei bambini in condizioni di crescita stentata[3].

Dopo sei anni, le condizioni estreme nei campi sovraffollati sono terribili e i rifugiati Rohingya sono sempre più vulnerabili agli impatti della crisi climatica, come i 37.000 circa che hanno visto danneggiati o distrutti le loro fragili abitazioni di fortuna in bambù quando il ciclone Mocha ha colpito i campi a maggio[4]. Le recenti piogge torrenziali e le frane hanno distrutto un numero ancora maggiore di case e ucciso almeno quattro rifugiati, tra cui una bambina e sua madre. Le malattie si diffondono facilmente. I casi di scabbia sono attualmente in aumento, con oltre il 40% delle persone colpite[5].

I bambini sono sempre più spesso vittime di violenza fisica a causa della mancanza di denaro e di cibo che colpisce le famiglie. Quest’anno gli abusi fisici hanno rappresentato più di un quarto di tutti i casi segnalati all’équipe di protezione dei bambini di Save the Children. I bambini vivono anche nella paura delle bande armate che si dedicano al contrabbando di droga e al traffico di esseri umani[6].

Rakib*, 12 anni, condivide un rifugio con la madre Mahbuba* e la sorella. Sei anni fa, suo padre è stato ucciso durante le violenze in Myanmar. “Prima (dei tagli al cibo) mangiavamo pesce fresco nei nostri pasti. Ora non possiamo nemmeno comprare abbastanza lenticchie. A volte sono arrabbiato e triste quando vedo solo del riso per pasto”.

Mahbuba* non può lasciare il campo per guadagnare qualche soldo e teme che l’assistenza alimentare su cui la sua famiglia fa affidamento possa essere ulteriormente tagliata: “Ci sono voci che dicono che presto l’assistenza sarà ridotta a 6 dollari [al mese]. Se ciò accadrà, non avremo altra scelta che morire di fame. Quando vado a ritirare il riso nei punti di assistenza alimentare, mi viene da piangere per la quantità così esigua”.

“L’ultima volta che ho mangiato frutta è stato tre mesi fa”, ha raccontato Zia*, 12 anni. “Non possiamo più avere cibo buono. Possiamo permetterci il pollo solo una volta al mese”. La sorella di Zia, Antora*, di 5 anni, è stata in ospedale per due mesi dopo aver perso peso e aver contratto un’infezione. “Durante i due mesi di permanenza lì, ci hanno dato un supporto nutrizionale, è guarita e si è rimessa”, ha detto la madre, Mehrun Nesa*. “Ma dopo, noi non siamo riusciti a garantirle una dieta equilibrata e si è ammalata di nuovo”.

Dopo sei anni da rifugiati, la loro disperazione è in aumento. Migliaia di persone sono ricorse ai trafficanti di esseri umani per intraprendere pericolosi viaggi in barca verso la Malesia e l’Indonesia, viaggi che sono già costati migliaia di vite[7]. Si teme che le famiglie ricorrano a qualsiasi mezzo per vivere, compresi il lavoro minorile e i matrimoni precoci.

“Dopo sei anni, non c’è alcuna fine in vista per la miseria che i rifugiati Rohingya devono sopportare. Mezzo milione di bambini rischiano la propria vita a causa dei tagli al cibo. Loro e le loro famiglie hanno perso ogni speranza”, ha dichiarato Shaheen Chughtai, Direttore di Save the Children in Bangladesh. “La risposta umanitaria è al limite. Il piano di risposta umanitaria 2023 delle Nazioni Unite per i rifugiati Rohingya è finanziato solo al 30%[8]. Questa è una crisi dei bambini, che rischiano di diventare una generazione perduta. Non possono rimanere apolidi e senza protezione, vivendo le loro vite in un limbo isolato.  La comunità internazionale dovrebbe dimostrare di non aver voltato loro le spalle e finanziare adeguatamente i programmi umanitari nei campi. La maggior parte dei rifugiati Rohingya afferma di voler tornare alle proprie case quando le condizioni consentiranno un ritorno sicuro, dignitoso e volontario, con la garanzia che i loro diritti saranno rispettati. Finché questo non accadrà, dobbiamo andare oltre l’uso degli aiuti umanitari come tampone. Dopo sei anni, non possiamo continuare con un approccio a breve termine. La comunità internazionale deve dimostrare ora che non ha dimenticato i rifugiati Rohingya”.

Per sostenere l’intervento di Save the Children in emergenzahttps://www.savethechildren.it/dona-fondo-emergenze#form-start


*I nomi sono stati cambiati per proteggere l’identità degli intervistati

[1] Save the Children ha condotto uno studio qualitativo nei campi di Cox’s Bazar dal 26 al 31 luglio 2023.  L’Organizzazione ha parlato con 93 persone, tra cui 39 bambini. Save the Children è una delle principali ONG internazionali che lavora a Cox’s Bazar e vi opera dal 2012. Dall’inizio della risposta nel 2017 ha raggiunto circa 600.000 rifugiati Rohingya, tra cui più di 320.000 bambini. Save the Children, con il sostegno del governo del Bangladesh, gestisce oltre 100 centri che supportano l’apprendimento e il benessere dei bambini nella loro lingua madre, il Rohingya. Ora stiamo aiutando questi bambini a imparare il birmano utilizzando il programma di studi del Myanmar.

[2] UN in Bangladesh appeals for immediate funding as Rohingya refugees face new cuts in food aid | United Nations in Bangladesh

[3] https://www.wfp.org/news/lack-funds-forces-wfp-cut-rations-rohingya-bangladesh

[4] https://reliefweb.int/report/bangladesh/unicef-bangladesh-humanitarian-situation-report-no-64-january-june-2023

[5] https://msfsouthasia.org/bangladesh-scabies-in-rohingya-refugee-camps/

[6] https://www.hrw.org/news/2023/07/13/bangladesh-spiraling-violence-against-rohingya-refugees

[7] https://www.unhcr.org/news/unhcr-seeks-comprehensive-regional-response-address-rise-deadly-south-east-asia-sea-journeys

[8] https://fts.unocha.org/appeals/1143/summary

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