Tornano le iniziative di #ITALIAEBRAICA, il progetto che riunisce i musei ebraici italiani.
La nuova serie di eventi online, inaugurata sulla piattaforma Zoom lo scorso dicembre, ci conduce alla scoperta della straordinaria ricchezza del patrimonio culturale ebraico.
Ogni mese due musei per volta saranno i protagonisti di un episodio e costruiranno insieme un unico racconto che avrà al centro i beni culturali ebraici italiani, le persone, le famiglie, gli usi e i costumi che li accomunano. Il dialogo metterà in luce l’intreccio di storie che legano una comunità all’altra.
Il terzo appuntamento, previsto oggi 18 febbraio alle 18.30, è dedicato alla Sinagoga di Firenze e alla Sinagoga di Torino e alla storia dei quartieri ebraici delle due città dopo l'apertura dei ghetti e l'Unità d'Italia.
Torino e Firenze cambiarono significativamente il loro assetto urbanistico quando vennero scelte come capitali del Regno, rispettivamente dal 1861 al 1864, la prima, e dal 1864 al 1871, la seconda. Le due sinagoghe contribuirono al rinnovamento delle città: imponenti, monumentali, in linea con il gusto architettonico del tempo divennero il simbolo dell'ingresso degli ebrei italiani nella società.
Intervengono:
Dora Liscia Bemporad - Direttore del Museo Ebraico di Firenze
Baruch Lampronti - Comunità Ebraica di Torino
Iscrizione all'evento: https://i7a2c.mailupclient.com/frontend/forms/Subscription.aspx?idList=1&idForm=48&guid=aafa5375-bcf1-4e06-965a-e3a98b626156
La sorridente sveglia d’oro di Pietro fa crescere tutti. Puntuale segna il tempo, anzi, l’amico tempo. Che non è né troppo poco né troppo tanto, ma scorre come la vita, come l’acqua nel fiume o il sangue nelle vene… scorre e fa scorrere la vita intorno a sé, con un bambino che lo tifa e l’altro che si lascia accarezzare… Non è inesorabile questa danza, sembra quasi irresistibile. Non è triste, è coinvolgente. Non è qualcosa che fa invecchiare, ma fa saltare e ringiovanire come un ritmo musicale travolgente e incontenibile.
È difficile, nel nostro tempo, guardare allo scorrere dei giorni e delle ore con serenità profonda: i ritmi della vita non sono più così saldamente nelle nostre mani, la nostra libertà di prenderci del tempo è amputata con aggressività, la vita ci sfugge più di prima… è proprio complicato, oggi, farci accarezzare dall’amico tempo…
La sveglia di Pietro ci regala un piccolo segreto: più che poter decidere se il tempo dei nostri giorni sia bello o brutto, possiamo decidere se sia nostro o no. Se lo vogliamo come amico o pensiamo che sia inutile. Se vogliamo accettare che comunque, come il tempo, la vita è una danza e prendere il ritmo è sempre possibile.
C’è una cosa da fare se vogliamo che il tempo torni nostro: andare più in su, come suggerisce il braccio alzato e l’indice puntato della sveglia d’oro. Non aspettare a crescere, ma farlo adesso. Non essere intorpiditi, ma svegli. Non buttarci giù, ma rialzarci. Usare il tempo per il di più, ogni di più che ci è possibile: saremo noi, allora, a diventare d’oro.
Il 19 febbraio un evento dalla Sala Zuccari del Senato con, tra gli altri, il Prefetto di Roma Piantedosi, lo scrittore De Giovanni e altre personalità, per ricordare l’alfabeto ancora oggi indispensabile e insuperato come strumento di inclusione, autonomia e accesso all’istruzione e alla cultura.
Il 21 febbraio si celebra la Giornata nazionale dell’alfabeto Braille, che ha cambiato completamente il modo di vivere di milioni di persone con disabilità visiva. Ancora oggi è uno strumento indispensabile e insuperato con cui i non vedenti possono scrivere, leggere e comunicare, e quindi imprescindibile per la loro integrazione nel tessuto sociale, scolastico, lavorativo e culturale di qualsiasi comunità.
L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti (UICI), l’organizzazione nazionale che rappresenta le istanze di circa 2 milioni di cittadini ciechi assoluti e ipovedenti, intende valorizzare l’importanza del Braille attraverso un evento nazionale organizzato insieme al Club Italiano del Braille dal titolo “Braille: via maestra per l'inclusione e l’accesso alla cultura”. L’evento, che si terrà venerdi 19 febbraio in modalità online e a partire dalle ore 10:00, sarà l’occasione per approfondire lo studio e l'insegnamento del Braille, insieme alle sue molteplici applicazioni pratiche - che vanno dalla musica alla matematica all’apprendimento delle lingue straniere – e la sua imprescindibilità nel percorso di inclusione sociale e autonomia culturale delle persone disabili visive.
Tra le varie personalità che prenderanno parte all'evento, da segnalare il Presidente dell'UICI Mario Barbuto e il Presidente del Club Italiano del Braille Nicola Stilla, i saluti delle Istituzioni, tra cui il Prefetto di Roma Matteo Piantedosi, e la direttrice Farida Saidi-Hamid del Museo Casa Natale di Louis Braille a Coupvray nell’Ile De France e del Museo italiano Braille presso l’Istituto Ciechi di Milano. L’iniziativa sarà ricca di testimonianze di grande impatto. Tra queste, i momenti dedicati al mondo della scuola con alcuni docenti che hanno coinvolto nell’apprendimento del Braille anche classi di alunni normodotati; le sessioni di lettura alternata tra scrittori di fama come Maurizio De Giovanni e narratori non vedenti; alcune esecuzioni musicali con esperienze di giovani musicisti non vedenti che solo attraverso il Braille hanno potuto dare seguito alla loro passione artistica; testimonianze di studenti che racconteranno del rapporto tra Braille e matematica, proiezioni di video e molto altro. Nel corso dell’evento saranno anche presentati i nuovi Lego Braille Bricks come esempio di gioco didattico accessibile anche ai ciechi e utile anche per imparare il sistema Braille.
Il Braille è basato su 6 punti in rilievo che possono combinarsi per rappresentare lettere dell’alfabeto, numeri, segni di interpunzione, simboli matematici, informatici, musicali e chimici e venne inventato nel 1829 da Louis Braille. La valorizzazione di questo sistema è di particolare importanza in questo momento di emergenza sanitaria in cui prevale il ricorso alla didattica a distanza. Una situazione che mette ancora più in evidenza la necessità di rafforzare competenze e ruolo degli insegnanti, anche per quanto riguarda la conoscenza del Braille, e di ridurre il peso per le famiglie nell’attività di affiancamento ai figli che studiano in casa, e in particolare per le donne su cui ricade generalmente questa attività, e che in presenza di un figlio disabile aumenta esponenzialmente.
Arrivano anche in Italia i LEGO Braille Bricks: i celebri “mattoncini” diventano strumento di didattica e inclusione grazie alla collaborazione fra LEGO Foundation, Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi Onlus e Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus
LEGO Foundation, fucina di idee del Gruppo LEGO, lancia in tutto il mondo un’iniziativa di didattica e inclusione: i famosi mattoncini da costruzione LEGO (i bricks) sono stati adattati per poter essere utilizzati dai bambini ciechi e ipovedenti. Su ogni mattoncino i sei “bottoni” per l’incastro dei pezzi sono disposti in maniera da rappresentare le lettere e i numeri del codice di scrittura e lettura Braille.
Lo scopo di questo innovativo progetto sociale è di rivolgersi non solo ad un pubblico di bambini ciechi ed ipovedenti, ma a tutti i bambini affezionati a questo intramontabile gioco. I numeri e le lettere sono infatti riprodotti su ogni mattoncino anche mediante i comuni caratteri tipografici. Un sussidio didattico veramente inclusivo da condividere fra ciechi e vedenti.
Le confezioni di LEGO Braille Bricks, prodotte per ora in tredici lingue grazie alla collaborazione di numerose Istituzioni per Ciechi internazionali, sono distribuite da LEGO Foundation gratuitamente a tutti i 20 paesi che partecipano al progetto. Del prototipo italiano, supervisionato e testato dall’Istituto dei Ciechi “Cavazza” di Bologna, è stata avviata in Danimarca la produzione, e parte dei kit sono già arrivati a Roma, presso il Centro di Produzione del Materiale Didattico della Federazione. Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi Onlus.
La Federazione, in collaborazione con l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, individua i beneficiari del progetto, prediligendo le istituzioni culturali impegnate in ambito pedagogico. Il piano di distribuzione, che in ogni paese partecipante al progetto deve escludere la commercializzazione, predilige i disabili della vista ma punta a raggiungere un numero di fruitori più vasto. Lo spirito del progetto è infatti da un lato quello di creare una comunità di users in grado di scambiarsi idee pedagogiche, e dall’altra di contribuire a creare momenti inclusivi di apprendimento.
Come sottolinea il Presidente della Federazione Rodolfo Masto “per tutti i bambini è importante poter sviluppare la motricità fine, la quale favorisce il controllo delle mani e delle dita, elemento essenziale per lo sviluppo delle competenze esplorative e per un positivo potenziamento cognitivo. In particolare i giovanissimi disabili visivi attraverso questo innovativo strumento avranno un’ulteriore occasione per sollecitare la crescita qualitativa della tattilità. La Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi è particolarmente lieta di prendere parte a questo progetto e si impegna per la sua più ampia diffusione.”
Il Presidente dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, Mario Barbuto, sperimentando in anteprima i bricks ha così commentato: “Si tratta di una bellissima invenzione. Con questi mattoncini è possibile sia apprendere il braille che svolgere attività di progettazione. E i compagni dei nostri alunni non vedenti possono condividere le stesse attività didattiche! Perché al carattere braille si associa il corrispettivo carattere nel tradizionale alfabeto di tutti. Tutti quindi possono esercitarsi nel comporre parole, scrivere, o esercitarsi in attività di creazione tridimensionale, come costruire torri o piramidi, insomma tutto quello che la fantasia di un bambino può concepire, con grande divertimento e felicità per tutti.”
LEGO Foundation lavora al progetto con un team di pedagogisti, e mette a disposizione sul sito dedicato www.legobraillebricks.com un’ampia serie di materiali ludico-didattici per esercitarsi con i Braille Bricks. È inoltre attiva una pagina Facebook e molti paesi del mondo stanno contribuendo a diffondere un messaggio comune. L’obiettivo? Learning Through Play!
Chiude in bellezza il ciclo di incontri on line sul Rapporto annuale Censis 2020. I tre incontri già fatti hanno avuto molte visualizzazioni e migliaia di contatti su Facebook, un’occasione importante per conoscere e analizzare la situazione sociale del Paese, grazie agli interventi degli esperti del Censis e quelli coinvolti dalla Fondazione Circolo Rosselli.
Il 18 febbraio alle ore 17.00, si tireranno le fila sulla situazione sociale del Paese con “Quello che resterà dopo lo stato d’eccezione”. Chiederemo agli intervenuti, che cosa aspettarsi quest’anno dalla società italiana. Interverrà il presidente del Censis Giuseppe De Rita, ed esperti in vari campi economici e sociali: l’economista Paolo Baratta, Roberto Castaldi direttore Cesue ed Euractiv Italia, Salvatore Rossi presidente Telecom Italia, Lucilla Spini bio-antropologa del Iubs working group on gender equality e Andrea Puccetti imprenditore.
Introduce e coordina il dibattito il prof. on. Valdo Spini, presidente Fondazione Circolo Fratelli Rosselli.
Da poco classificato come terzo disturbo dell’alimentazione e della nutrizione, il binge eating è, insieme all’anoressia e alla bulimia, una grave patologia di cui sono affetti, nel 50 % dei casi, uomini tra i 35 e i 50 anni. Presenta le stesse caratteristiche della bulimia nervosa, con l’abbuffata come elemento centrale, ma non è contraddistinta da alcun comportamento di compenso o di eliminazione né da alcun controllo del peso. La conseguenza più seria è quindi il sovrappeso, che può anche raggiungere il livello di obesità severa.
L’assenza di controllo del peso e della forma fisica sbilancia questo disturbo sul versante dell’impulsività alimentare, in quanto sono episodi tipici il mangiare molto più rapidamente del normale e fino ad avere una sensazione dolorosa; il mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame o in solitudine a causa dell’imbarazzo per le quantità di cibo ingerite; il provare disgusto di sé, intensa colpa o disagio dopo aver mangiato troppo.
Una variante di questo disturbo alimentare, chiamata night-eating sindrome, si caratterizza per anoressia diurna ed insonnia notturna che può essere sconfitta soltanto assumendo grosse quantità di cibo (bulimia notturna).
Si tratta di una patologia, pertanto, altamente invalidante che oltre alle problematiche di natura psicologica, ha forti ripercussioni anche sulla vita relazionale di chi ne è affetto e sul sistema sanitario nazionale. Ecco perché, attraverso la campagna Consumer Angels progetto finanziato dal Mise con il DM 07/02/2018 e portato avanti in collaborazione con UNC e UDICON, MDC sta combattendo una dura lotta contro la cattiva alimentazione e contro il cibo spazzatura, diffondendo nei giovani e nei consumatori la cultura del mangiare sano, per preservare la propria salute, intesa in senso non solo fisico ma anche come benessere mentale e sociale.
Cosa nasconde il binge eating?
L’obesità causata dall’alimentazione incontrollata costituisce per alcuni pazienti un mezzo di difesa, una barriera protettiva per mettersi al riparo dagli altri, visto che un corpo grasso e poco attraente viene da molti evitato, così auto-isolando la persona da aspetti legati alla sfera relazionale e sessuale.
In altri casi il cibo viene usato per colmare un vuoto, per riempirsi e sentire di esistere, per darsi l’illusione di avere una posizione e un ruolo, manifestando il tutto attraverso una imponente massa corporea che può essere vista e talvolta temuta dagli altri. Altre volte invece è usato come strumento di autoaggressione e di punizione, in quanto l’iperalimentazione suscita fantasie distruttive: si mangia fino a voler scoppiare e a stare male.
La caratteristica che accomuna molti dei pazienti che soffrono di tale disturbo è la sensazione di sentirsi un “perdente”, un fallito etichettato come tale da familiari, conoscenti, colleghi e amici al punto da perdere ogni stima di sé, da vivere sopraffatti dal senso di vergogna, inadeguatezza e di mortificazione e da mollare la presa davanti alle sfide della vita, rifugiandosi nel cibo come unica consolazione.
Il binge eating, come un cane che si morde la coda, è quindi innescato da alti livelli di emozioni negative e, al tempo stesso, ha la funzione di mitigarne gli effetti. L’abbuffata compulsiva cerca di ridurre e annullare gli stati emotivi non desiderabili, i sensi di colpa, la tristezza, in quanto l’assunzione di cibo produce un immediato un senso di benessere e rilassamento a cui tuttavia seguono un abbassamento del livello di benessere psicofisico, una rinuncia a cercare altri stimoli gratificanti e un abbandono di altre attività.
La semplice vista di cibo appetitoso può indurre in questi individui un maggior incremento dei livelli soggettivi di fame e di desiderio di assunzione, con impossibilità a resistere all’impulso e con la sensazione che solo in questo modo si possa raggiungere un appagamento e un grado accettabile di benessere, non diversamente e ulteriormente rinviabile.
Esistono dei fattori scatenanti?
Numerosi sono gli studi per comprendere innanzitutto se all’origine vi siano fattori genetici, neuroendocrini, evolutivi ed affettivi o sociali. Di certo, sembrerebbe che un ruolo importante sia giocato da difficili e traumatizzanti esperienze di vita infantile, dalla presenza di disturbi depressivi nei genitori, dalla tendenza all'obesità e dalla ripetuta esposizione a commenti negativi riguardo forma, peso e modalità di alimentazione.
Eventi che portano il soggetto “vittima” – molto di frequente depressa - a trovare conforto, contemporaneamente, anche in altre dipendenze quali l'etilismo, la tossicodipendenza, l'autolesionismo, la cleptomania e la promiscuità sessuale.
Il Presidente MDC, Francesco Luongo, particolarmente sensibile alla tematica dell’obesità e dei disturbi alimentari in genere, ha infatti rilevato come “il Binge Eating Disorder sia un fenomeno meno conosciuto ma sicuramente serio e grave al pari di anoressia e bulimia, di diabete giovanile e altri disturbi legali alla nutrizione, al punto da colpire ben il 2-3% della popolazione adulta, con importante incidenza non solo sulla popolazione nazionale ma su tutta quella mondiale. Il disturbo inoltre, colpendo maggiormente tra i 35 e i 50 anni di età, grava notevolmente anche sul sistema sanitario nazionale, già fortemente colpito e in sofferenza dall’attuale situazione pandemica mondiale. Non va infatti trascurato il significativo dato che, tale patologia, verrebbe trattata – mostrando un modesto miglioramento – principalmente attraverso terapie farmacologiche con antidepressivi e pericolose cure dimagranti”.
In una società sempre più attenta alla forma fisica e ossessionata dalla finta perfezione, nella quale chi non risponde a determinati canoni di bellezza si vede tristemente tagliato fuori, finendo inevitabilmente per non accettarsi così com’è, appare allora sempre più importante preparare e consapevolizzare i giovani (ma non solo), dell’importanza di un bagaglio informativo e conoscitivo sufficientemente adeguato per destreggiarsi tra i messaggi ambigui e fuorvianti di cui la rete e il mondo virtuale sono sopraffatti e sovraccarichi, per trovare la propria strada e diventare ogni giorno di più consumatori e fruitori consapevoli, ovvero cittadini che scelgono e non si lasciano “condizionare passivamente” da condizionamenti esterni.
Fonte: www.consumerangels.org
Considerata una delle opere letterarie più influenti della moderna civiltà occidentale,
l’«Elogio della Follia» fu scritto nel 1509, anticipando molti dei temi che pochi anni più tardi saranno fatti propri anche da Martin Lutero.
Piccolo saggio dichiaratamente e fortemente satirico sulla Chiesa, dedicato a un altro gigante della sua epoca, Tommaso Moro, l’«Elogio» è considerato uno dei frutti emblematici di quell’«umanesimo cristiano» che amava così tanto la Chiesa, da desiderare che diventasse meglio di quanto mostrava.
Ce ne parlerà Stefano Del Bove, Docente presso la Facoltà di Scienze Sociali e Cappellano della nostra Università Gregoriana.
Il Centro Fede e Cultura Alberto Hurtado invita a:
Tra labirinti e biblioteche
I grandi libri della tradizione cristiana
Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam / P. Stefano Del Bove s.j.
Oggi 16 febbraio 2021, ore 17.30
Per seguire l'evento in diretta su YouTube cliccare sul link: http://bit.ly/bibliotecacristiana
Ospite gradita del Progetto Gionata è Margherita Graglia che, oltre ad essere psicologa e psicoterapeuta, si occupa anche di sessuologia clinica, di seguito l'intervista pubblicata su https://www.gionata.org/ in cui si parla di formazione
Da cosa nasce questo suo interesse per le tematiche LGBT?
Nello specifico durante gli studi universitari, anche se già alle superiori rivolgevo il mio interesse verso quelle correnti di pensiero che avevano uno sguardo critico verso i paradigmi dominanti. Negli anni dell’università, alla facoltà di psicologia, rimasi invece colpita dal fatto che i corsi non prevedevano uno spazio di approfondimento per i temi LGBT, a volte menzionati en passant, altre volte citati secondo una prospettiva più o meno patologizzante, ma molto spesso non considerati affatto.
Erano gli anni ’90. Decisi così di approfondire questi temi, oltre a quelli del femminismo che da sempre mi avevano appassionata e scelsi di fare una tesi sperimentale: intervistai 30 terapeuti dell’Emilia Romagna sulle rappresentazioni che avevano nei confronti dei loro pazienti gay e lesbiche. Ne emergeva un quadro variegato, non privo di ambiguità, in cui la maggior parte non considerava gli orientamenti omo-bisessuali sullo stesso piano, in termini di salute e naturalità, dell’orientamento eterosessuale.
Inoltre emergevano una serie di rappresentazioni negative nei confronti dell’omogenitorialità, ritenuta da alcuni una contraddizione rispetto all’orientamento omosessuale. Una ricerca che ho successivamente raccontato nel libro “Psicoterapia e omosessualità” (Carocci, 2009).
Parte del suo lavoro consiste nel formare educatori e altre figure professionali (ad esempio sanitari e assistenti sociali) sulle tematiche inerenti l’identità sessuale e sull’inclusione. Qual è lo stato delle cose? È passibile di miglioramento?
In questi 20 anni di attività come formatrice sui temi dell’identità sessuale e della promozione dell’inclusione delle persone LGBT ho assistito a molti cambiamenti significativi. Come dicevo prima, negli anni ’90, i temi LGBT nelle facoltà di psicologia non erano considerati temi significativi, oggi i principali insegnamenti prendono invece in considerazione questi aspetti e docenti e studenti portano avanti studi e ricerche su questo.
Io ho iniziato a lavorare come formatrice nell’ambito educativo, era infatti la scuola il contesto in cui si esprimeva il maggior bisogno di intervento, gli insegnati ad esempio manifestavano il bisogno di avere strumenti di comprensione delle identità omosessuali, così come di saper intervenire ne casi di bullismo omofobico. Non erano solo singoli docenti a proporre iniziative, ma anche scuole che richiedevano interventi formativi. In quegli anni ho lavorato in varie regioni italiane.
Ricordo con grande piacere quel periodo, in cui l’entusiasmo si accompagnava alla possibilità di realizzare e sperimentare interventi innovativi. Successivamente, oltre agli ambiti educativi si aprirono altri contesti, come quelli sanitari, non più esclusivamente interessati alla prevenzione dell’HIV, ma anche ai bisogni specifici di salute della popolazione omosessuale e a creare contesti inclusivi.
Per continuare a leggere: https://www.gionata.org/psicoterapia-e-omosessualita-margherita-graglia-e-le-buone-prassi-per-linclusione/
Il network #educAzioni (composto da 10 reti nazionali che comprendono centinaia di associazioni, ordini professionali, sindacati, organizzazioni di società civile) chiede al nuovo esecutivo che il tema del diritto all’educazione sin dai primi anni di vita sia posto al centro dell’azione del Governo e che si faccia un passo avanti coraggioso per investire sulla scuola e l’educazione. In questi mesi difficili, il network ha elaborato proposte concrete su temi cruciali quali: la costruzione di una rete di asili nido gratuiti su tutto il territorio nazionale, la diffusione del tempo pieno e delle mense nella scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, la riduzione del numero degli alunni per classe, i “patti educativi di comunità”, da realizzarsi con il coinvolgimento del terzo settore e dell'associazionismo civico, la riqualificazione degli ambienti scolastici, per garantire sicurezza e qualità degli ambienti di apprendimento, la riforma della formazione e reclutamento degli insegnanti e l’aggiornamento continuo di tutto il personale della scuola. Su questi temi, la rete è certa di poter trovare nel neo ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi un interlocutore attento e autorevole ed è pronta a collaborare per affrontare le prime importanti scadenze, a partire dalla definizione del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza per il “Next Generation Fund”.
"Il mondo del Terzo settore rivolge il suo augurio di buon lavoro al nuovo governo guidato da Mario Draghi, ed è pronto a un lavoro comune sulle sfide che aspettano il nostro Paese". Lo ha affermato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale Terzo settore.
"Adesso che il governo è in carica - spiega Fiaschi - auspichiamo che possa mettere in campo un investimento strutturale sul Terzo settore che può essere un attore principale nella costruzione di un nuovo modello di sviluppo più inclusivo e sostenibile”.
"L'Italia è in una emergenza sociale e economica senza precedenti, va rafforzata la coesione sociale, bisogna ricreare la fiducia nel futuro, soprattutto per le nuove generazioni: dobbiamo partire dall'iniziativa organizzata dei cittadini, capace di generare un impatto sociale positivo e buona economia. Insieme ce la possiamo fare." Conclude Fiaschi.
Venire a sapere dalla CNN/Ansa di una significativa multa da parte dello Stato della California al carcere di San Quintino negli USA per la violazione delle norme di sicurezza anti Covid, fa davvero riflettere molto.
Negli Stati Uniti d’America, il paese dove vige tuttora la pena di morte, un paese con una storica e consolidata politica giustizialista e securitaria pesante con più detenuti al mondo, lo Stato della California punisce con una multa di 421.880 dollari il carcere forse più famoso al mondo, San Quintino, per aver violato le norme di sicurezza anti Covid; multa che arriva dopo un rapporto dell’Ispettore generale che certifica l’accaduto e soprattutto le responsabilità. Quanto accaduto negli USA ci dovrebbe far riflettere, molto.
Il pensiero e il raffronto non può che correre alla situazione delle carceri del nostro paese, paese avanti nella elaborazione e produzione di normative sul trattamento penale incardinate sul principio del reinserimento sociale del detenuto, ma allo stesso tempo con una capacità di rispetto e applicazione delle norme promulgate assolutamente deficitaria.
La pandemia non ha fatto altro che evidenziare una situazione paradossale preesistente. L’esempio più eclatante è quello di scoprire che di fronte al rischio di diffusione del contagio all’interno degli istituti penali, si sono bloccate tutte le visite e tutti i colloqui. Peccato che le uniche modalità di comunicazione con i propri familiari corrispondevano a una telefonata settimanale. Sapendo, e avendolo codificato in linea di principio, quanto importante sia la cura delle relazioni, a partire da quelle familiari e non solo, si arriva a pensare di utilizzare strumenti di comunicazione da remoto solo a seguito della pandemia.
Un altra questione che la pandemia ha evidenziato è sicuramente la condizione permanente di sovraffollamento con conseguente violazione di tutte le norme igienico sanitarie. A nessuno può sfuggire che se una delle condizioni immediate per contrastare il diffondersi dell’epidemia è il distanziamento e le pratiche di igienizzazione personale e ambientale, il sovraffollamento è non solo una pena aggiuntiva ma è una condizione esplosiva per la diffusione del virus tra i detenuti e il personale, agenti e dipendenti amministrativi. Anche in Italia, si è anche cercato di rimediare a tale situazione limitandosi a travasare “le eccedenze” da un carcere all’altro, altro magari ritenuto al momento più sicuro dal punto vista sanitario. Il che, come accaduto a San Quintino, può determinare un dilagare del contagio e quindi provocare morti.
Per non parlare del ritardo e della lentezza con la quale si sono utilizzate le protezioni individuali e le pratiche per il tracciamento del virus. Mascherine e gel igienizzanti nonché i tamponi sono arrivati con un ritardo ingiustificabile.
Per non parlare della copertura vaccinale della popolazione detenuta e dei dipendenti degli Istituti di pena. Si è dovuta alzare la voce della Senatrice a vita Liliana Segre per sollecitare il Commissario Arcuri nel considerare le carceri e la loro popolazione come situazioni particolarmente a rischio tanto quanto le RSA per gli anziani. Il che confuta radicalmente la convinzione, da diversi declamata con un mantra, che proprio il carcere in quanto luogo chiuso è il luogo più sicuro dal punto di vista sanitario: fuori è molto più pericoloso!
Queste semplici riflessioni per dire che se anche nel nostro paese si applicassero le sanzioni che hanno portato negli USA il carcere di San Quintino a pagare una maxi multa, la nostra amministrazione penitenziaria rischierebbe di dover dichiarare il fallimento amministrativo.
Il fallimento che però più dovrebbe realmente preoccupare è l’emergere palese della lontananza tra ciò che è scritto ed enunciato nelle normative e ciò che è applicato nella realtà e ancor di più il venir meno al dettato costituzionale che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato, favorendo il suo reinserimento nella società.
La speranza è che una doverosa e seria riflessione sull’esperienza vissuta nella pandemia e sui limiti strutturali che ha messo in evidenza, riesca finalmente a produrre un cambiamento nelle politiche detentive e sulle misure alternative alla detenzione.
Sergio Cusani / Corrado Mandreoli - CGIL Milano
NOTA. A maggio 2020, dopo che aveva cominciato a diffondersi il Covid in alcuni Istituti di pena della California, il California Department of Corrections and Rehabilitation e il California Correctional Health Care Services (CCHCS) hanno deciso di trasferire alcuni detenuti in strutture che non presentavano focolai, ignorando le raccomandazioni dei sanitari. Nello specifico, il 30 maggio sono stati trasferiti a San Quentin 122 detenuti provocando un disastro, come afferma l’Ispettore Generale, dato che dei 122 detenuti, 91 sono risultati positivi e 2 sono morti per complicazioni Covid-19. Nei tre mesi successivi ai trasferimenti, a San Quentin il numero di casi di Covid-19 è salito ad oltre 2.200 su circa 3.300 detenuti e 28 detenuti sono morti. Da questa situazione ne è derivata la multa. Uno dei detenuti contagiati a San Quentin ha dichiarato alla CNN: " Dal giudice sono stato condannato a 5 anni e 4 mesi. Non ero stato condannato a morte.”
il prossimo 17 febbraio si terrà l'INFO-DAY di PRIMA relativo ai bandi 2021 promosso dal Ministero Università e Ricerca assieme al Segretariato Italiano.
L'evento si terrà da remoto, dalle ore 15.00 alle 16.30. Il programma in bozza è visionabile sul sito http://www.primaitaly.it/prima-info-day-2021/. Sullo stesso sito saranno disponibili nei prossimi giorni ulteriori informazioni e materiali, incluso il link per la diretta.
Durante l'info-day saranno presentati i bandi PRIMA per l'anno 2021. La cifra totale a bando è di oltre 68 milioni, di cui 7 messi a disposizione dal Ministero dell'Università e della Ricerca e destinati ai ricercatori italiani.
Con decreto della Sottosegretaria di Stato alla Salute Sandra Zampa del 26 gennaio 2021 è stato istituito il Tavolo di lavoro tecnico sulla salute mentale presso la Direzione Generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute. Il Decreto sostituisce il decreto del Ministro della salute 24 gennaio 2019 e il Decreto del Direttore generale della prevenzione sanitaria 17 giugno 2019.
Il Tavolo ha il compito di predisporre linee guida, linee di indirizzo e documenti scientifici, ivi compresi gli accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni e Conferenza unificata, e di verificare l’appropriatezza e la qualità dei percorsi di trattamento e riabilitazione erogati per i disturbi mentali. Lavorerà, inoltre, per individuare e affrontare, alla luce dei dati del Sistema informativo salute mentale, l’esistenza di eventuali criticità nei servizi territoriali e, a tal fine, elaborerà proposte per il loro superamento. Proporrà azioni operative e normative per favorire l’attuazione dei più appropriati modelli di intervento per la diagnosi, la cura e la riabilitazione psicosociale dei portatori di disagio psichico, finalizzati alla riduzione dei trattamenti sanitari obbligatori (TSO) e volontari, la contenzione meccanica e quella farmacologica/chimica.
“Considero l’istituzione di questo Tavolo una buona notizia ed un ottimo punto di partenza per un lavoro delicato e complesso. La salute mentale costituisce parte integrante della salute e del benessere generale, così come definita anche dall’Organizzazione mondiale della sanità. È uno strumento che aiuterà ad organizzare al meglio i servizi deputati all’assistenza e alla cura delle patologie mentali, la cui crescente diffusione comporta un elevato carico di disabilità e di costi economici e sociali per le persone colpite e per le loro famiglie” – commenta la Sottosegretaria di Stato alla Salute Sandra Zampa.
Il Tavolo di lavoro ha la durata di tre anni ed è composto da persone che rappresentano Istituzioni, realtà organizzate, società scientifiche e portatrici di interesse del mondo della salute mentale.
In particolare, del Tavolo di lavoro tecnico sulla salute mentale fanno parte:
“È necessario garantire maggiori investimenti nel campo della salute mentale ed offrire migliore accesso alle cure per tutti e ovunque. Dobbiamo batterci contro i pregiudizi verso le persone affette da disturbi mentali: sono donne, uomini, bambini e adolescenti, di cui dobbiamo prenderci cura per restituirli a una vita autonoma e piena. Indirizziamo le nostre azioni verso una salute mentale di comunità, attraverso servizi di prossimità, investendo nella sanità territoriale e mettendo sempre al centro la persona, perché senza salute mentale non può esserci salute” – conclude la Sottosegretaria Zampa.
L'Atalanta si conferma eccellenza in tutti i campi. Il quotidiano "Il Manifesto", con un approfondimento, ha voluto così sottolineare l'organizzazione idilliaca della società nerazzurra che da anni primeggia nel settore giovanile.
L'Atalanta, conta nella sua rosa ben il 65,38% dei giocatori stranieri, che parlano una lingua diversa dall’italiano e risulta essere una delle squadre di Serie A con il più alto profilo multietnico e multilinguistico. I ragazzi che fanno parte del Settore Giovanile sono 350 dei quali 300 vivono presso la loro famiglia e 50 presso il convitto la Casa del Giovane, che accoglie i ragazzi dall’estero, in particolare provenienti dalla Polonia, dalla Croazia, dalla Slovenia e soprattutto da numerosi paesi dell’Africa.
TUTOR VICINO AI RAGAZZI - Cinque qualificati professionisti interni all’Atalanta, che svolgono il ruolo di tutor, seguono in particolar modo i ragazzi stranieri della Dea del futuro. La loro educazione linguistica, messa a disposizione dalla Società, avviene sia presso la Casa del Giovane, dove vivono, grazie alla collaborazione di alcuni educatori, sia a scuola, dove frequentano un istituto professionale al fine di raggiungere un titolo di studio. Inoltre l'Atalanta - si legge sempre sul quotidiano - permette ai giovani tesserarti stranieri di continuare il legame di studio e cultura con il paese d'origine attraverso collegamenti online via Skype, tenuti da insegnanti dei paesi d'origine.
Sara Colombo docente all’Università Rhainische Friedrich-Wilhelms di Bonn, che ha seguito il progetto dell’Atalanta, lo ha presentato nel corso di un convegno sulle politiche linguistiche delle società sportive, promosso dall’Università per stranieri di Siena.
GASPERINI VUOLE CHE SI PARLI ITALIANO IN CAMPO - Il tecnico nerazzurro vuole che tutti i suoi calciatori stranieri conoscano la lingua italiana, perchè le indicazioni tattiche diffuse dalla panchina siano chiare a tutti, pertanto docenti di Italiano sono a servizio anche della Prima Squadra. Due ore di lezione settimanali previste per tutti, poi c'è chi come Gosens ha voluto approfondire a casa lo studio comprandosi e studiando con libri di italiano.