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sabato, 18 Maggio, 2024

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Intervento del Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI per il centenario di Don Milani

Tutti dobbiamo leggere di nuovo “Lettera a una professoressa” e ricordarci che è indirizzata anche a noi (Lettere a una professoressa è un testo di riferimento anche per Renzo Ulivieri, presidente Associazione Italiana Allenatori Calcio. Lo cita infatti anche nella puntata di O anche No dedicata al calcio che andrà in onda questa sera su Rai 1 dopo I migliori anni, ndr). Accettiamo il rigore, l’intransigenza di don Milani. Non è eccesso, ma intelligente amore, evangelico e umano, che aiuta a capire da che parte stiamo e a verificare senza sconti dove siamo stati. E capirlo ci toglie qualche giustificazione ipocrita, ci fa comprendere le omissioni, la falsità della neutralità e ci aiuta a scegliere. Don Milani non può essere ridotto a banale politically correct, facile esortazione o denuncia. Ferisce, perché svela le parole vuote, la retorica che copre l’inedia e chiama questa per nome, senza sconti. Come disse don Bensi, don Milani è «un diamante che doveva ferirsi e ferire». Egli ci mette di fronte alle nostre responsabilità di ruolo e di paternità, ci chiede di farci carico di chi è più fragile e non di fornirgli istruzioni per l’uso senza aiutarlo, sistema che fa sentire a posto chi può sempre dire “io lo avevo detto” ma senza che si sia mai dato da fare per aiutare.

Don Milani ci costringe tutti a venire ancora in questo “non luogo” da dove capiamo i nostri luoghi. Barbiana è un piccolo universo che ci fa vedere tutti i luoghi dei bambini di sempre e di oggi, i figli delle tante Barbiana nascoste nelle case delle periferie o nei campi profughi, dove accettiamo crescano migliaia di bambini senza futuro e senza scuola. Don Milani ci costringe a sporcarci di fango, di vita vera, perché non si lascia certo ridurre a oggetto da salotto senza cambiare il salotto o senza uscirne, proprio come aveva fatto lui, borghese, colto, che scelse di imparare diventando maestro e alunno dei poveri, stando dalla parte dei poveri per trovare la propria parte, profeta intransigente di cambiamento, obbedientissimo e per questo libero prete della sua Chiesa senza la quale non voleva vivere. Ecco la lezione di don Milani, per tutti, credenti e non, prete e cittadino italiano: per cambiare le cose non serve innamorarsi delle proprie idee, ma bisogna mettersi nelle scarpe dei ragazzi di allora e di oggi, degli universali Gianni e non darsi pace finché non siano strappati da un destino già segnato.

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