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sabato, 27 Aprile, 2024

fondato e diretto da Paola Severini Melograni

Solo se sono libera. Voci di donne dal catalogo Castelvecchi

SOLO SE SONO LIBERA è un progetto di Castelvecchi editore che a partire dall’8 marzo racconterà le autrici del catalogo in rappresentanza dei campi più diversi del sapere. Le iniziative proseguiranno per tutto l’anno attraverso la pubblicazione di contributi inediti che saranno trasmessi sui nostri social, estratti dai libri, presentazioni, uno store Amazon dedicato, e ogni mese un nuovo libro scaricabile gratuitamente dal nostro sito.

Le autrici protagoniste di questa prima parte del progetto:

Ágnes Heller, Adriana Cavarero, Rachel Bespaloff, Teresa Forcades, Chiara Bottici, Charlotte Salomon, Simone Weil, Eva Illouz, Alexandra Kohan, María Zambrano, Zoja Svetova, Linda Nochlin, Estelle Zhong Mengual.

Il punto di partenza è stata Ágnes Heller e dal suo pensiero. Il primo libro scaricabile che dà il nome al progetto è “Solo se sono libera”, un libro intervista in cui la grande filosofa ungherese di origini ebraiche ripercorre alcuni temi fondamentali del suo pensiero, primo fra tutti la “libertà”.

Cosa significa per lei “libertà” e che valore le attribuisce? Le sue esperienze politiche hanno influenzato il suo concetto filosofico di libertà?

La libertà per me è il valore supremo. E lo era già a un’età in cui neanche conoscevo il concetto di “valore supremo”. A tre o quattro anni sentivo la libertà come uno stato che bisogna mantenere. Quando poi entrai nell’età adulta, a tredici o quattordici anni, ho capito che libertà significa anche assenza di repressione. Come tutti i bambini ebrei, durante l’occupazione tedesca venni condannata a morte, e così “libertà” per me significò semplicemente liberazione dal nazismo. Ma vuol dire anche parità, poter acquisire una cittadinanza e scegliere libera- mente cosa fare della propria vita. Questo l’ho compreso dopo la liberazione dal nazismo, quando fu chiaro che l’Ungheria aveva bisogno di istituzioni indipendenti per poter esercitare la libertà appena conquistata. Ai tempi credevo ancora nelle istituzioni democratiche moderne che hanno avuto la loro origine in Ungheria tra il 1945 e il 1947, e mi illudevo che potessero durare. Ma lo stalinismo ha portato un’altra perdita di libertà: nel 1956 vi furono più di duecento esecuzioni immotivate e migliaia di arresti. Si era liberi solo nella propria anima o nella cerchia di amici più stretti. Ed è stato attraverso questa libertà interiore che ho scelto di essere filosofa e che ho potuto sviluppare le mie capacità di pensiero teorico.

Se non si può svolgere un’attività liberamente nella propria patria, poter cambiare Paese e proseguirla altrove è anche una forma di libertà. Io andai in Australia, poi in America e, dopo la fine del blocco orientale, decisi che potevo essere libera anche in patria: libera di esprimere la mia opinione, di partecipare alle manifestazioni, di aderire alle istituzioni e di votare quello che volevo. Normali libertà politiche che nel blocco occidentale esistevano già da tempo, ma che per l’Ungheria erano delle novità. Per certi aspetti, questa volta sono perdurate, per altri, invece, sono state fortemente limitate negli ultimi due anni. Sotto l’attuale governo ungherese non ci sono opposizioni istituzionali, tutte le fonti di informazione – eccetto un canale televisivo e uno radiofonico – vengono controllate dal potere centrale: un governo napoleonico, insomma. La libertà è di nuovo limitata. Ma all’interno di questi limiti c’è comunque la possibilità di esprimere la propria opinione e di agire liberamente. Questo oggi è possibile non solo in presenza degli amici più stretti, ma anche in pubblico o partecipando a manifestazioni indette dalle poche forme di opposizione esistenti.

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