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lunedì, 29 Aprile, 2024

fondato e diretto da Paola Severini Melograni

BUON COMPLEANNO SANT’EGIDIO!

Quarantatre anni fa, a Roma, nei luoghi che avevano visto crescere la fantasia e l’intelligenza di San Filippo Neri nell’amore per i poveri e i ragazzini romani, nasceva la comunità di Sant’Egidio. Un piccolo inizio. Qualche studente liceale, Andrea Riccardi studente liceale anche lui, il vangelo riscoperto, il sogno di cambiare il mondo e la propria vita assieme, non da soli. Una famiglia non convenzionale che nasceva assieme ai bambini e alle donne in difficoltà delle baracche romane, comunità, amicizia. Un’amicizia con i poveri e con un mondo marginale che avrebbe presto “sprovincializzato” quella prima generazione di ceto medio, facendo di Sant’Egidio, anche quando non aveva ancora un nome, un’alleanza senza limiti prestabiliti, con i poveri. Non con un’idea di cambiamento, con un’idea del disagio sociale, non con una ideologia. Sogni ma portati avanti nella propria vita personale.

Un inizio molto modesto. Amicizia, vangelo, poveri. Non c’era neanche un nome, che arriva dopo cinque anni: Sant’Egidio, l’ex monastero di clausura che viene riaperto, da abbandonato che era, la chiesa che diventa la prima che si apre la sera a Roma, per una preghiera aperta a tutti, a Trastevere. Che oggi è troppo piccola e oggi in molte zone di Roma e tante città del mondo altre preghiere serali, al termine della giornata, dicono che il centro di Sant’Egidio, qualunque cosa faccia e sia nel mondo resta la preghiera e l’ascolto del vangelo: che apre a tutti, senza esclusioni. E il centro di questo centro è la preghiera serale a Santa Maria in Trastevere, parrocchia visitata da 250mila persone l’anno, che rappresenta un esempio concreto di come non c’è interruzione tra preghiera, vangelo, amicizia con i poveri: come diventa evidente nel pranzo di Natale nella Basilica. Anche quest’anno, diecimila persone a Roma e 130mila nel mondo hanno vissuto così il Natale in una famiglia speciale, la famiglia dei senza famiglia.

Il compleanno della Comunità è l’occasione di una riflessione su quanto è accaduto, sul mondo attorno e su come la Comunità, in paesi diversi, ha cercato di essere “Chiesa di tutti e particolarmente dei poveri”. Una riflessione non solo sui successi, ma anche sulle difficoltà, in un clima che in alcuni paesi si è fatto inospitale verso i più deboli, e che ha visto crescere il numero di credenti uccisi mentre andavano in chiesa, o a causa  della loro scelta di essere umanità-ponte in zone di scontro. Una riflessione sull’ultimo anno è anche accompagnata dalla difficoltà di aiutare in situazioni di guerra e di violenza endemica, o la ferita di vedere come con lentezza il mondo riesce a incidere in situazioni estreme di dolore e di povertà di futuro, come ad Haiti, anche quando investe energie straordinarie.

 

Il 2010 è un anno che, programmaticamente, Sant’Egidio ha voluto dedicare principalmente all’Africa. E mentre la sfida di trovare da europei un cuore e un’anima e una passione dentro la globalizzazione si è fatta sfida culturale, anche personale, abbiamo assistito alla  crescita di responsabilità e di iniziativa delle diverse comunità in Asia e nelle Americhe: comunità giovani, in crescita, si sono assunte la responsabilità del dialogo e della riconciliazione, di interventi per aiutare nelle emergenza create da uragani e terremoti, per il riscatto dei prigionieri, la registrazione dei bambini invisibili,  l’accompagnamento degli anziani, per i diritti e la dignità di immigrati, disabili, non autosufficienti, rom, giovani senza lavoro. Un impegno che è stato anche costante nelle comunità italiane ed europee. Questo rapido sommario di un anno, che privilegia alcuni episodi emblematici prevalentemente in Italia e in Europa, pecca di omissione verso centinaia di iniziative nel mondo, spesso di dimensione più piccola ma di maggiore significato e innovazione.

 

Il bilancio del 2010 è quello di una crescita della Comunità di Sant’Egidio in molti paesi del Sud del mondo, ma anche delle Scuole del Vangelo, un largo movimento di gruppi di adulti: cristiani e non cristiani, che si avvicinano al Vangelo come persone in ricerca, attratte da Gesù e da uno stile di vita meno ripiegato solo su se stessi, aperto agli altri e ai poveri anche con un impegno personale. Una crescita significativa a Roma, in Italia e in molti paesi europei: che diventa un elemento di umanizzazione e di riconciliazione nella vita quotidiana di grandi città europee attraversate a volte da intolleranza e frammentazione sociale.  Un anno di crescita anche di una generazione di laici cristiani africani, latino-americani, indonesiani, asiatici in grado di dialogare con tutti e di creare speranza per altri giovani e adulti: anche in paesi in cui i cristiani sono minoranze e a volte bersaglio di estremisti.

 

In un sommario annuale, solo le cose più rilevanti rischiano di entrare, ma senz’altro il centro della vita della Comunità di Sant’Egidio ovunque nel mondo è una “contro-notizia”, una non-notizia: cercare di essere uomini e donne che non pensano solo a sé stessi, che mettono al centro la gratuità in un mondo, almeno quello occidentale, ma così attraente per il Sud del pianeta, in cui tutto si compra e tutto si vende. Un mondo in cui il senso del bene comune rischia di appannarsi e di evaporare, anche, talora soprattutto, a livello di classi dirigenti. Gratuità, i poveri come amici e parte della Comunità. Il “tesoro della Chiesa” come diceva il martire Lorenzo e come ha ricordato alla Comunità poco più di un anno fa Papa Benedetto nella sua visita alla mensa di Roma, quando si è intrattenuto a lungo a via Dandolo, per mangiare con i poveri. Un rapporto, quello con Papa Benedetto, che si è alimentato negli incontri in diverse parti del mondo e che ha cercato, in modi semplici, di essere sostegno in un anno difficile anche per la Chiesa cattolica e per il vescovo di Roma.

Al termine di un decennio che è stato caratterizzato dallo scontro e dalla guerra e da una crisi radicale di credibilità dei mercati, dopo un decennio difficile, che consegna al successivo un mondo con meno risorse, la Comunità di Sant’Egidio, ovunque è, cerca di creare le condizioni per vivere insieme, per ridurre l’intolleranza, la demonizzazione dell’altro, quello che porta alle guerre civili, alle persecuzioni religiose, allo scontro sociale, all’emarginazione di immigrati e poveri, in tutte le forme.

Si è concluso un decennio, iniziato simbolicamente con l’11 settembre 2001, segnato dall’idea e dalla pratica, fallimentare, della “guerra preventiva”. Nel tempo questa idea sembra sia diventata, in molti ambienti, comportamenti e ideologia diffusa, a livello personale e sociale: si registra una crescita, non solo in Italia, dell’”antipatia sociale”. In coincidenza con una crisi finanziaria presto diventata economica e sociale, di grandi dimensioni e di grandi numeri, un clima di accentuata inospitalità ha preso via via il posto di tradizioni e pratiche consolidate di inclusione. Non solo in Italia, ma anche nell’est Europa, e altrove. Le Comunità di Sant’Egidio hanno moltiplicato gli incontri pubblici, il dialogo con le amministrazioni, con l’opinione pubblica, le manifestazioni, gli interventi culturali, la difesa concreta di minoranze fatte oggetto di crescente diffidenza e di aggressività. Di fronte  a una  fragilità sociale  che si è fatta in molti casi paura, richiesta di misure esemplari, semplificazione, criminalizzazione di chi viene da fuori, diverso. Le Comunità di Sant’Egidio, in Italia e nel mondo hanno lavorato per cercare le ragioni e le vie del vivere insieme, ricostruendo culturalmente e concretamente il sentimento di una unità di destino tra le generazioni, tra vecchi e nuovi cittadini, tra etnie diverse. E’ un lavoro di “pace preventiva” che va dal livello personale – comportamento, impegno personale e spirituale di pacificazione attiva – alla costruzione di vie di dialogo ecumenico, interreligioso e tra parti in conflitto. Micro e macro.

 

Sant’Egidio ha un cuore romano ma è nel mondo: con naturalezza e immediatezza dentro le principali ferite del mondo in un anno che ha visto milioni di vittime e di famiglie coinvolte, da Haiti al Pakistan, ma anche in luoghi che non hanno avuto rilievo sui media occidentali o italiani. E poi una faccia quotidiana, non legata all’emergenza, con iniziative per ridurre la sofferenza in tanti punti del mondo. Quello che ha fatto la differenza, in ogni parte del mondo, è stata ancora una volta la capacità di essere “locali” e di mettere a disposizione un know how di solidarietà internazionale e mezzi che, raccolti, tutti arrivano direttamente alla popolazione, per la caratteristica di totale volontariato e professionalità di chi ha scelto di dedicare settimane o un mese nelle zone di emergenza. Come è accaduto per il terremoto di Haiti dove dai primi giorni si sono alternati volontari e professionisti dalle comunità degli Stati Uniti, del Salvador e del Centro America.

 

Contemporaneamente sono cresciute le adozioni a distanza, oltre 9mila, che permettono ad altrettante famiglie e ragazzi di accedere alla scuola e all’istruzione superiore, in taluni casi hanno permesso la nascita di case-famiglia e ricoveri per bambini di strada che crescono e studiano grazie alle adozioni a distanza, e iniziative di sostegno di interi villaggi e gruppi di famiglie. Una quotidianità che incide e umanizza in maniera stabile e silenziosa.

 

Ma c’è un aspetto che forse racconta l’ultimo anno di Sant’Egidio più di altri. Poco noto, apparentemente irrilevante. La sintesi è forse nella cosiddetta “Messa per Modesta”, la celebrazione in memoria di tutte le persone senza dimora morte in strada, a Santa Maria in Trastevere il 30 gennaio 2011, che cade nell’ultima domenica del mese: una memoria che nasce, e si ripete ogni anno, dal 1983, anno in cui una donna che viveva in strada, Modesta Valenti, colpita da malore, non fu soccorsa come doveva, e morì senza cure, perché sporca. Il ricordo, nome per nome, di quanti hanno perso la vita per strada negli ultimi anni, e nell’ultimo anno, raccoglie un popolo di amici dei poveri e di poveri che raramente si vede in chiesa. La certezza di non essere dimenticati, la dignità del ricordo, dell’affetto, anche dopo anni, contrasta molto con l’anonimato della grande città, con la rarefazione dei rapporti umani, con la velocità e la concentrazione solo sul presente. E la memoria riguarda chi è considerato invisibile in una grande città, e chi non conta nulla, a volte non registrato neppure nei censimenti.

Ogni vita umana ha una dignità, quella dei carcerati in Italia e nel mondo, quella dei condannati a morte, quelli di chi esprime una vita così marginale e debole che da qualche parte suscita pensieri di eugenetica e di eutanasia sociale. Ogni vita umana ha un nome, una storia, è degna di essere amata e ricordata, in particolare quella dei più poveri. La sofferenza e la violenza di morti improvvise a volte può lasciare spazio solo alla preghiera, ma la preghiera è anche una proposta alla coscienza di intere città e di intere comunità per umanizzare quanto possibile la vita quotidiana anche là dove è più dura.

La campagna lanciata in occasione della Giornata internazionale delle Città contro la Pena di Morte, il 29-30 novembre (quest’anno oltre1300 città del mondo sono diventate Città per la Vita, con più di 250 eventi internazionali contemporanei) per fermare l’esportazione dall’Italia del sodium thiopental, anestetico necessario al cocktail mortale usato nelle esecuzioni per iniezioni letale, a metà gennaio ha raggiunto l’obiettivo. La compagnia americana Hospira, casa madre della sussidiaria italiana di Liscate, rimasta l’unico stabilimento autorizzato alla produzione, ha annunciato di rinunciare del tutto alla produzione del farmaco, a causa della campagna della Comunità che ha coinvolto, con altre ONG  e iniziative parlamentari, anche il Governo italiano: si inserisce così una difficoltà in più nel portare a termine le esecuzioni negli Stati Uniti. La Comunità collabora da tempo con le organizzazioni abolizioniste americane e dell’Illinois, e con la società civile e le istituzioni, per arrivare alla firma della definitiva abolizione della pena capitale da parte del Governatore Quinn nello Stato di Chicago, attesa nel mese di febbraio 2011.

 

Aperto e chiuso da gravi attentati nelle chiese, e da scontri, dall’Iraq alla Nigeria all’Egitto, l’anno che si conclude ha visto la Comunità di Sant’Egidio accanto ai cristiani in difficoltà in diverse parti del mondo. In America Latina, da Buenos Aires al Salvador, la memoria di mons. Romero ha ispirato incontri pubblici e la riflessione delle Comunità, mentre si avvicina il 31mo anniversario del martirio del vescovo salvadoregno. Gesti di solidarietà verso i cristiani irakeni colpiti duramente, e verso i copti ortodossi e Papa Shenouda dopo l’attentato suicida di inizio del 2011, sono stati un tributo di amicizia che la Comunità avverte come necessario, anche se, dolorosamente insufficiente. La preghiera per le vittime degli attentati terroristici ha accompagnato in diversi momenti dell’anno questa condizione dolorosa. La Comunità ha cercato di rispondere a quella che papa Benedetto XVI ha definito “cristianofobia” creando occasioni di dialogo, per sciogliere la paura e la diffidenza.

 

 

Gli “invisibili” sono stati resi visibili nel 2010: sono in particolare i bambini e gli adulti coperti dal programma Bravo! per la registrazione anagrafica. Lanciato con un accordo di stato e di governo in Burkina Faso, con l’Anno della registrazione anagrafica gratuita e universale, Bravo! è entrato nella pienezza dell’efficacia nell’anno che è appena trascorso. 3milioni e mezzo di bambini sono stati registrati, riducendo in maniera decisiva un giacimento di abusi, traffico umano, illegalità, impossibilità di studiare e lavorare in maniera regolare, un potenziale elemento di scontro etnico e guerra civile, mentre è stato creato un modello per l’emergenza e per la vita ordinaria del paese, capace di coinvolgere dalla magistratura al personale amministrativo, dai media alla chiesa cattolica ai capi-villaggio e di aggiornarne e innalzarne le capacità professionali per rendere il servizio anagrafico permanente nel Paese.

Il modello del Burkina Faso, nei due Colloqui e Conferenze internazionali: “Mai più bambini fantasma: l’Africa e la sfida della registrazione anagrafica” e “Aiutami ad esistere”, a Ouagadougou, hanno coinvolto responsabili politici e amministrativi di diversi paesi africani, mettendo le premesse per un programma di proporzioni più vaste.

In altri paesi africani Bravo! è stato avviato su dimensione più piccola e non su scala paese, dal Madagascar alla Tanzania, all’Uganda, e in tutte le zone dove sono attivi le Scuole della Pace e i Centri Nutrizionali della Comunità.

Si tratta di una sfida di grandi dimensioni – oltre cinquanta milioni l’anno sono i nuovi nati non registrati nel mondo – e che è appena all’inizio: una campagna e un programma che si misura, come nella lotta all’AIDS, con problemi e numeri giganteschi, e che richiedono ingenti risorse, nonostante appena il 5 per cento dei fondi raccolti dalla Comunità vada in spese generali e tutto il resto, il 95 per cento, invece, si trasforma integralmente nei programmi, a favore dei destinatari. E’ un dato che rende e ha sempre reso Sant’Egidio un caso abbastanza particolare anche nel campo delle organizzazioni internazionali.

Nel 2010 è nata e ha preso le prime iniziative l’Associazione Agenda Sant’Egidio, per aiutare nella ricerca di fondi necessari a programmi così vasti. L’Associazione ha promosso una serata di beneficenza legata all’anteprima dell’opera rossiniana Moise et Pharaon diretta dal maestro Riccardo Muti, al Teatro dell’Opera di Roma.

 

Nel 2010 il quasi quarantennale servizio agli anziani della Comunità si è confrontato con scenari, internazionali, mutati. In Italia e in Europa  è cresciuto nella capacità di proposta per una riforma dei servizi di assistenza ancora concentrati soprattutto sul ricovero e sulle grandi strutture residenziali. Il volume Viva gli Anziani, che esprime un programma innovativo di welfare e di copertura dal rischio di tutti gli anziani ultrasettantacinquenni, privilegiando l’assistenza domiciliare al posto dell’istituzionalizzazione, rappresenta una svolta di maturità. Un programma che è a disposizione delle amministrazioni pubbliche e che può contemporaneamente migliorare la qualità della vita, ridurre i danni della non autosufficienza e l’isolamento sociale, mentre è fortemente sostenibile dal punta di vista economico.

Ma è stato anche un anno di svolta nel rapporto con gli anziani. Perché le Comunità di Sant’Egidio nel mondo, nei paesi del Sud, hanno registrato il moltiplicarsi di episodi di violenza e discriminazione degli anziani: il contrario di un pensiero diffuso che vuole l’anziano onorato nelle società tradizionali. In un rapido e confuso passaggio dalle culture tradizionali alla globalizzazione gli anziani rischiano di essere la fascia debole e meno tutelata, assieme ai bambini, in tutto il Sud del mondo. In Mozambico, Guinea Conakry, a Santa Maria di Cahabon, in Alta vera Paz (Guatemala), a Managua, in Nicaragua e in altri paesi sono nate associazioni di “amici degli anziani”. L’evento centrale è stata la conferenza internazionale tenutasi in Malawi che ha messo all’ordine del giorno di diversi paesi africani quella che rischia di essere la nuova, invisibile emergenza. In paesi in cui solo il 22 per cento è coperto da assicurazione o pensione, a fronte di oltre il 75 per cento in Europa. Una nuova frontiera per il Sud del mondo.

 

Queste sono soltanto alcune delle numerosissime iniziative che Sant’Egidio ha portato avanti nel 2010. La Comunità di Sant’Egidio festeggia il suo anniversario con i suoi amici con una solenne liturgia presieduta dal cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura,  giovedì 3 febbraio 2011 alle 18.30 alla Basilica di S. Paolo fuori le mura.

Saranno presenti poveri, vescovi e cardinali, rappresentanti ecumenici, ambasciatori, rappresentanti delle Istituzioni, delle comunità nel mondo per festeggiare il 43esimo anniversario della Comunità di Sant’Egidio, nata a Roma nel febbraio del 1968, e che raccoglie 60 mila membri, tutti volontari, in 73 paesi del mondo.

Fonte: Ufficio stampa Comunità di Sant’Egidio

www.santegidio.org

 

Mario Marazziti e Rinaldo Piazzoni della Comunità di Sant’Egidio hanno inaugurato l’Anno del volontariato insieme a noi lo scorso 26 gennaio, in occasione dell’evento alla Camera dei Deputati in cui è stato presentato il nuovo portale Angelipress.com.

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