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Una pastorale d’inclusione con le persone Lgbt: «Nessuno resti ai margini della Chiesa»

Articolo di Riccardo Bigi pubblicato su TOSCANA OGGI, settimanale della Conferenza Episcopale Toscana, il 18 febbraio 2024, pag.15

Guardando quel teatro pieno di gente, osservando quei volti sorridenti, venivano in mente le parole di papa Francesco a Lisbona, quel «Todos, todos todos!» ripetuto ai giovani della Gmg: «Questa è la Chiesa, la Madre di tutti. C’è posto per tutti. Il Signore non punta il dito, ma apre le sue braccia», disse allora il Papa.

La Chiesa fiorentina ha presentato (ndr il 12 Febbraio 2024), nel teatro della parrocchia di Rifredi, il nuovo «Coordinamento per la pastorale d’inclusione». A presiedere la serata l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, che ha fortemente voluto questo nuovo servizio. Di fronte, tante persone che in questi anni hanno bussato alle porte di comunità e parrocchie trovando, come hanno raccontato, a volte chiusure, a volte porte aperte. In sala anche tanti fedeli della Chiesa fiorentina, sacerdoti, religiosi, interessati a conoscere questo passo significativo che la diocesi sta facendo.

Insieme al vescovo, al tavolo dei relatori, Maria e Paolo Aminti che fanno parte del gruppo di genitori dell’associazione Kairos: genitori cristiani che, al «coming out» di un figlio o di una figlia, hanno scelto di fare un cammino di fede. Alla loro richiesta si deve quest’iniziativa: «Ci siamo trovati catapultati in un mondo che era lontano da noi – hanno raccontato – e verso cui avevamo pregiudizi che ci siamo dovuti scorticare di dosso. Siamo andati dal vescovo che ci ha dato ascolto e accoglienza. Oggi lo ringraziamo per la fiducia».

Insieme a Maria e Paolo, del nuovo coordinamento fanno parte due sacerdoti, don Andrea Bigalli e don Giovanni Martini, e una domenicana, suor Fabrizia Giacobbe: tutti e tre seguono da anni gruppi di spiritualità, preghiera e catechesi con giovani omosessuali, o con genitori di figli che hanno dichiarato questo orientamento.

«È un ambito che sta molto a cuore alla Chiesa» ha spiegato il cardinale Betori aprendo l’incontro. L’idea, ha sottolineato, è nata dalla richiesta di alcune famiglie: c’era da rispondere a questi genitori, e alle persone omosessuali. Per questo il coordinamento per la pastorale d’inclusione è stato inserito nell’ambito della pastorale familiare. «Nella fede cristiana, nella sua stessa formulazione dottrinale – ha spiegato Betori – è connaturata l’accoglienza verso tutti. Non c’è distanza tra la dottrina e la pastorale, non cambiamo la dottrina della Chiesa nel fare accoglienza: nessuno resti ai margini della comunità cristiana».

La cornice in cui si è mossa la Chiesa fiorentina, ha spiegato il vescovo, è quella offerta da papa Francesco in Amoris laetitia, al numero 250: «Con i Padri sinodali ho preso in considerazione la situazione delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori né per i figli. Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiusta discriminazione” e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza. Nei riguardi delle famiglie si tratta invece di assicurare un rispettoso accompagnamento, affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita».

Si tratta quindi di offrire percorsi per la maturazione della fede, offrire accompagnamento per aiutare le persone a discernere il progetto di Dio per loro, aiutare anche le parrocchie, sul territorio, a togliere tutto ciò che può ostacolare l’integrazione di tutti nella comunità ecclesiale e ad aprire cammini di inclusione.

Padre Pino Piva, gesuita, esperto di percorsi di accompagnamento pastorale con le persone omosessuali, ha iniziato il suo intervento dicendosi emozionato: «Vi assicuro che un incontro di questo tipo è eccezionale, è un momento particolarmente significativo e sono contento di essere qui». L’inclusione, ha detto, è il contrario dell’esclusione: osservazione banale ma non scontata. La Chiesa come popolo

in cammino, umanità variegata che condivide una stessa meta: il contrario di una dogana che lascia entrare solo chi ha già i requisiti necessari. Padre Piva ha ricordato quindi l’invito del Papa a contrastare ogni discriminazione: una richiesta che riguarda anche le nostre comunità, dove ci sono persone che tengono nascosto il loro orientamento sessuale per timore di essere escluse.

Collegata in video è intervenuta Chiara D’Urbano, psicologa e psicoterapeuta, che da molti anni accompagna i processi vocazionali di seminaristi, sacerdoti, religiosi e religiose, e che è stata nominata in Vaticano tra i consultori del Dicastero per il clero. A lei il compito di dare alcune nozioni scientifiche: l’orientamento sessuale, ha spiegato, non si sceglie. Tutta la comunità scientifica mondiale è d’accordo nel dire che l’omosessualità è una variante non patologica, non è un deficit o un difetto da correggere, e che ricercarne le cause è inutile, e rischia di essere anche dannoso: intervenire sull’orientamento sessuale rischia di far crescere reazioni negative, senso di inadeguatezza, fino al suicidio. Si tratta quindi di chiedersi se le persone Lgbt possono raggiungere una piena maturità sessuale: la risposta è sì. È questo che si valuta, ad esempio, nei percorsi vocazionali o nell’eventualità di assegnare compiti pastorali: per le persone omosessuali, come per tutti, quello che conta è un buon funzionamento della personalità: «Le persone vanno conosciute in una dimensione ben più ampia del loro orientamento sessuale».

L’incontro di Rifredi è proseguito con interventi e domande, applausi commossi e tanta voglia di partecipazione. Alcune questioni restano sospese: le domande ad esempio che riguardano le coppie omosessuali, di fronte a una Chiesa che ribadisce (Amoris Laetitia, 251) che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Domande su cui Fiducia supplicans, ha notato padre Piva, ha aperto uno spazio pastorale che assimila queste coppie a tutte le coppie non sposate: conviventi, divorziati… Tanti temi che l’incontro ha lasciato aperti, e che potranno essere ripresi. Ma il clima dell’incontro, più che di un dibattito, era quello di una festa, di un ritrovarsi e di un riconoscersi.

C’è stato anche spazio per una risata, quando don Giovanni Martini ha raccontato il suo primo incontro con il gruppo Kairos: «Sono arrivati timidamente e mi hanno chiesto se potevano ritrovarsi in parrocchia per pregare. Dei giovani che mi chiedono uno spazio per pregare? Sono trasecolato. Qui mi vengono a chiedere solo stanze per fare le feste o per vedere Sanremo». Per questo li ha accolti con gioia. «Però non capivo nulla, ho dovuto studiare, ho camminato con loro. E ora eccoci qui, grazie per questo regalo che la diocesi ci fa».

Infine, il racconto di don Andrea Bigalli, che qualche settimana fa è andato in udienza da papa Francesco con il comitato per il centenario di don Lorenzo Milani, di cui fa parte. «Nel breve tempo che avevo a disposizione per il saluto – ha raccontato – gli ho detto che ci saremmo trovati qui, stasera. Ho destato la sua attenzione, mi ha detto “Abbiate tanta cura di queste persone, vogliategli tanto bene”».


Fonte: https://www.gionata.org/una-pastorale-dinclusione-con-le-persone-lgbt-nessuno-resti-ai-margini-della-chiesa/

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