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domenica, 28 Aprile, 2024

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PER L’ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI ALDO CAPITINI

Il 19 ottobre ricorreva l’anniversario della morte di Aldo Capitini, il filosofo antifascista fondatore del Movimento Nonviolento, nato a Perugia il 23 dicembre 1899 e a Perugia deceduto il 19 ottobre 1968. 
 
Una minima notizia su Aldo Capitini

 
Aldo Capitini e’ nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E’ morto a Perugia nel 1968. E’ stato il piu’ grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e’ ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche’ integrale – ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell’epoca – bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e’ anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d’ombra, Milano 1989, Edizioni dell’asino, Roma 2009; Elementi di un’esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L’atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d’ombra, Milano 1991, L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell’educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di “Azione nonviolenta” (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu’ reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni ’90 e’ iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu’ recente e’ la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009.

 
Uno scritto di Aldo Capitini: “Principi di nonviolenza”

 
La nonviolenza risulta dall’insoddisfazione verso cio’ che, nella natura, nella societa’, nell’umanita’, si costituisce o si e’ costituito con la violenza; e dall’impegno a stabilire dal nostro intimo, unita’ amore con gli esseri umani e non umani, vicini e lontani. La manifestazione piu’ concreta ed anche piu’ evidente di questa unita’ amore e’ l’atto di non uccidere questi esseri e di non operare su di loro mediante l’oppressione e la tortura. Questo impegno non e’ che un punto di partenza (come nessuno nella poesia, nella musica, puo’ pretendere di esaurirle), e le imperfezioni del nostro atto di unita’ amore non possono essere compensate che dal proposito di essere attivissimi in essa, nel tu che diciamo agli esseri nella loro singola individualita’, mai dicendo che basta. La nonviolenza non e’ l’esecuzione di un ordine, ma e’ una persuasione che pervade mente, cuore ed agire, ed e’ un centro aperto: il che significa che ognuno prende l’iniziativa di unita’ amore senza aspettare che prima tutti si innamorino, e la concreta in modi particolari che egli decide con sincerita’, e con dolore per ogni limite e impedimento che lo stato attuale della realta’-societa’-umanita’ ancora mette a sviluppare pienamente questa unita’ con tutti.
Vi sono, dunque, tanti gradi e tante espressioni della nonviolenza, ma, al punto in cui siamo, esse si concentrano in un modo fondamentale, che e’ di non uccidere esseri umani. Mentre si sta stabilendo, oggi piu’ che mai, anche economicamente politicamente culturalmente, l’unita’ mondiale dell’umanita’, l’atto di affetto all’esistenza di ogni essere umano ci porta al punto di questa unita’ umana. Verso gli altri esseri viventi ma non umani, come gli animali e le piante, tutto cio’ che e’ fatto nell’affetto e rispetto alla loro esistenza, apre l’unita’ amore anche a loro e abitua a sentire, di riflesso, il valore del non uccidere esseri piu’ complessi e piu’ simili a noi, come sono gli uomini. La prassi del vegetarianesimo ha percio’ grande importanza.
La nonviolenza non e’ soltanto contro la violenza del presente, ma anche contro quelle del passato; e percio’ tende a un rinnovamento della realta’ dove il pesce grande mangia il pesce piccolo, della societa’ dove esiste l’oppressione e lo sfruttamento, dell’umanita’ nella sua chiusura egoistica e nelle sue abitudini conformistiche e gusto della potenza. Ma finche’ diamo col pensiero e con l’atto la morte, non possiamo protestare contro la realta’ che da’ la morte. E perche’ la societa’ non torni sempre oppressiva sotto un nome od un altro, deve cambiare l’uomo e il suo modo di sentire il rapporto con gli altri: la nonviolenza e’ impegno alla trasformazione piu’ profonda, dalla quale derivano tutte le altre; e percio’ non si colloca nella realta’ pensando che tutto resti com’e’, ma sentendo che tutto puo’ cambiare, e che com’e’ stata finora la realta’ societa’ umanita’ non era che un tentativo secondo i modi della potenza e della distruzione, e che vien dato un nuovo corso alla vita con i modi dell’unita’ amore e della compresenza di tutti.
La nonviolenza e’ in una continua lotta, con le tendenze dell’animo e del corpo e dell’istinto e la paura e la difesa, con la realta’ dura, insensibile, crudele, con la societa’, con l’umanita’ nelle sue attuali abitudini psichiche: non puo’ fare compromessi con questo mondo cosi com’e’, e percio’ il suo amore e’ profondo, ma severo; ama svegliando alla liberazione e sveglia alla liberazione amando; quindi distingue nettamente tra le persone e gli esseri tutti che unisce nell’amore, tutti avviati alla liberazione, e le loro azioni, delitti, peccati, stoltezze, assumendo il compito di aiutare questi esseri ad accorgersi del male, e, se proprio non e’ possibile altro, contribuendo a liberarli dando, piu’ che e’ possibile, il bene.
La nonviolenza e’ attivissima, per conoscere gli aspetti della violenza e smascherarli impavidamente; per supplire all’efficacia dei mezzi violenti col moltipllcare i mezzi nonviolenti, facendo percio’ come le bestie piccole che sono piu’ prolifiche delle grandi; per vincere l’accusa e il pericolo intimo che essa sia scelta perche’ meno faticosa e meno rischiosa; per dare effettivamente un contributo alla societa’, che ci da’, in altri modi. altri contributi. Proprio in questo tempo la nonviolenza ha il suo preciso posto nell’indicare una svolta decisiva e nell’inserire il fatto nuovo. Che non si veda un altro impero romano e un altro impero barbarico, e sempre oppressioni e rivolte, nascere e uccidere e morire, e l’uomo dolorante e illusoriamente lieto, perche’ ancora non ha imparato a fondo quanto dinamismo rinnovatore hanno l’interiorita’, la liberta’, l’amore. Proprio appassionandoci per l’esistenza degli esseri viventi, rispettandoli piu’ che si puo’, e dolendoci della loro morte, noi impariamo a sentire immortali i morti e uniti all’intima presenza.
Chi e’ nonviolento e’ portato ad avere simpatia particolare con le vittime della realta’ attuale, i colpiti dalle ingiustizie, dalle malattie, dalla morte, gli umiliati, gli offesi, gli storpiati, i miti e i silenziosi, e percio’ tende a compensare queste persone ed esseri (anche il gatto malato e sfuggito) con maggiore attenzione e affetto, contro la falsa armonia del mondo ottenuta buttando via le vittime.
La nonviolenza e’ impegnata a parlare apertamente su cio’ che e’ male, costi quello che costi, non cedendo mai su questa liberta’, e rivendicandola per tutti; e a non associarsi mai a compiere cio’ che ritiene il male. Contro imperialismo, tirannia, sfruttamento, invasione, il metodo della nonviolenza e’ di non collaborare al male; e di creare difficolta’ all’esplicazione di quei modi, senza sospendere mai l’amore per le singole persone, anche autrici di quei mali, ma non esaurentisi in essi; cosi’ si riconosce di avere un alleato alla solidarieta’ che si stabilisce tra gli oppressi, nell’intimo stesso degli oppressori.
Chi e’ persuaso della nonviolenza tende alla comunita’ aperta, e percio’ a mettere in comune il piu’ largamente le sue iniziative di lavoro, la proprieta’, non sfruttatrice, che egli possiede, la cultura (partecipando e celebrando i valori culturali con altre persone), la liberta’ (favorendola con altri in assemblee nonviolente per il controllo e lo sviluppo amministrativo della vita).
(Principi elaborati per il Centro di Perugia per la Nonviolenza costituito nel 1952)
 
A cura del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo
 

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