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Newsletter Angelipress.org 23 novembre 2010

Il funambolo Netanyahu

di Janiki Cingoli Direttore del CIPMO (Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente). www.cipmo.org

Netanyahu si sta producendo in un autentico esercizio di funambolismo: tenere in piedi la sua coalizione senza scontentare gli USA, riaprire il negoziato con i palestinesi senza rompere con i coloni.

Dopo la fine della moratoria di otto mesi sugli insediamenti israeliani, avvenuta il 26 settembre scorso, i negoziati diretti con lAutorit Nazionale Palestinese, riaperti da meno di un mese, sono rimasti fermi, per il rifiuto del Presidente Abu Mazen di proseguire negli incontri se il blocco non fosse ripreso.

Il Presidente Obama non ha lesinato gli sforzi e gli incentivi per riannodare le trattative, arrivando a fine settembre a promettere, in una lettera al Premier israeliano, quanto mai nessun Presidente USA aveva fatto prima, in cambio di una nuova moratoria di tre mesi; garanzia di non chiedere successive proroghe della moratoria; assicurazione che gli USA bloccheranno per un anno ogni proposta di risoluzione che possa essere considerata contraria agli interessi di Israele; impegno a sostenere la possibilit di una permanenza per un lungo periodo transitorio degli israeliani nella Valle del Giordano, anche dopo il raggiungimento di un accordo con i palestinesi; garanzie ulteriori per impedire il contrabbando di armi e missili a Gaza e anche in un futuro Stato palestinese; e soprattutto un patto complessivo di difesa regionale, in grado di assicurare protezione anche contro le minacce iraniane anche dopo la nascita di uno Stato palestinese. Il Presidente americano si era anche detto disposto a rafforzare la capacit difensiva israeliana e ad aumentare di tre miliardi di dollari il pacchetto di aiuti militari annuali destinato ad Israele. La lettera includeva limpegno a fornire armamenti avanzati e sistemi di allarme rapido, inclusi i satelliti.

Il Premier israeliano non aveva in un primo tempo accettato la proposta, con la motivazione che questo avrebbe messo in crisi la sua coalizione, suscitando lo stupore della leadership statunitense. Ma al primo pacchetto di promesse, negli ultimi giorni se ne aggiunta unaltra pressoch irrinunciabile, avanzata nel lungo incontro Clinton Netanyahu dell11 settembre: quella di venti aerei da combattimento di ultima generazione, gli F 35 stealth, i predatori invisibili che potrebbero essere preziosi in caso di un confronto con lIran.

A questo punto il Premier israeliano ha cambiato registro, e ha informato il suo Gabinetto ristretto dellofferta americana, dichiarando che a suo giudizio essa doveva essere accolta nellinteresse di Israele. Ha per condizionato la sua disponibilit a portare al voto la nuova proposta di moratoria al ricevimento di una lettera scritta di impegni (un po come quella che Sharon ricevette nel 2003 dallallora Presidente George Bush Junior). Egli deve affrontare la fiera resistenza, nella sua coalizione, non solo della destra legata ai coloni e di Israel Beytenu, il partito che fa capo al Ministro degli Esteri Lieberman, ma anche di larga parte del suo stesso partito, il Likud. Egli deve sperare nellastensione dei ministri dello Shas, il partito religioso sefardita, per riuscire a far passare la richiesta USA.

Naturalmente gli stessi coloni sono sul piede di guerra, e hanno gi iniziato le manifestazioni gridando al tradimento delle promesse fatte da Netanyahu, che aveva solennemente assicurato che quella cessata il 26 settembre sarebbe stata lultima moratoria.

I Palestinesi, dal canto loro, non sono felici dellevolversi della situazione, e della enorme mancia promessa agli israeliani in cambio di ci che essi considerano un loro diritto: il congelamento degli insediamenti era gi previsto dalla Road map, dal 2003. Il Presidente Abbas ha perci avviato una seri di contatti, a cominciare dal Presidente egiziano Mubarak, per verificare la possibilit di una approvazione, da parte dellONU, della nascita di uno Stato palestinese: una leva per forzare la resistenza israeliana, ma una leva di scarsa consistenza dati gli attuali orientamenti della leadership statunitense.

Obama, certamente indebolito dai risultati delle elezioni USA di mezzo termine, che hanno visto il rafforzamento dei parlamentari USA pi favorevoli a Israele, sia repubblicani che democratici, ha quindi scelto la politica dellappeasement verso lo Stato ebraico, cercando di evitare nuovi scontri, ma insieme di rilanciare in qualche modo il processo negoziale, o quel che ne restato.

Dietro alla proposta di una moratoria di tre mesi, che in s sproporzionata alla entit delle offerte fatte a Netanyahu, si cela la speranza di riuscire, in questi tre mesi, a definire i confini del futuro Stato palestinese, depotenziando quindi lo stesso problema degli insediamenti: Israele avrebbe chiaro dove potrebbe costruire, e dove no, e gli scontri avrebbero fine.

Ma Netanyahu ha gi dichiarato di non voler dare precedenza alla questione dei confini, e che tutte le problematiche, a cominciare dalla sicurezza, dovranno avere lo stesso grado di priorit.

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