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lunedì, 6 Maggio, 2024

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L’Oceano Indiano depredato dalla pesca incontrollata

L’Oceano Indiano è oggetto di una pesca non regolamentata che potrebbe mettere a dura prova la fauna marina attualmente presente, oltre il 14% delle catture di specie marittime su scala mondiale avvengono in questa area e il 30% degli stock verificati nella regione hanno superato il limite entro il quale si può parlare di pesca sostenibile. Questo, e altro ancora, è emerso nel rapporto del Wwf che ha preso in analisi alcuni dati raccolti: ad esempio in una determinata zona l’attività ittica incontrollata di calamari è salita dell’830% negli ultimi cinque anni, e altre specie, come gli squali, invece non hanno una regolamentazione che li protegga dalla cattura non regolamentata e finiscono così alla mercé di tutti i pescherecci.

Il quadro legislativo inerente alla pesca in alto mare nell’Oceano Indiano è lacunoso, alcune aree sono scoperte da leggi e delle specie sono fuori dal quadro normativo come detto in precedenza. Molti dei prodotti ittici che provengono dalla pesca non regolamentata vengono poi rivenduti sui mercati chiave, tra i quali è presente anche l’Europa. Duncan Copeland, Direttore Esecutivo di TMT, ha dichiarato: “Le lacune normative in alto mare dell’Oceano Indiano non sono passate inosservate alle flotte pescherecce internazionali. Poiché la domanda globale di prodotti ittici continua a crescere, è imperativo che queste lacune vadano colmate, altrimenti ci troveremo di fronte alla destabilizzazione sia degli ecosistemi marini che delle risorse marine da cui molte persone dipendono per il reddito e la sicurezza alimentare”. Il mercato ittico è infatti una grossa fonte di sostentamento nella regione e genera un vorticoso giro di denaro, ma quando si oltrepassa un certo limite di pescato, e non si concede quindi quel lasso di tempo che serve alla fauna per riprodursi, si rischia di inceppare l’intero ecosistema, e questo è inevitabile. L’Unione europea nel 2017 ha importato seppie e calamari provenienti soprattutto dalla pesca nell’Oceano Indiano per un valore di 25,3 miliardi di euro. Ma la pesca incontrollata di calamari rischia di bloccare la catena alimentare considerando che questa specie svolge un ruolo cruciale poiché è fonte di nutrizione per i tonni, e quest’ultimi lo sono a loro volta per gli squali. I tonni catturati nella regione rappresentano il 20% della domanda globale con un valore che si attesta ad oltre 6,5 miliardi di dollari all’anno.

Nel report il Wwf chiede che vengano eliminati questi vuoti legislativi presenti in alto mare da parte degli stati che operano nella regione, come ad esempio la Cina, la cui bandiera sventola sulla maggior parte dei pescherecci attivi nelle zone non regolamentate. Anche all’Ue si chiede, quale soggetto economico chiave per il mercato ittico asiatico, di prendere una posizione che spinga per una regolamentazione di queste aree dell’Oceano Indiano. Specie come gli uccelli marini, tartarughe, delfini, balene, squali, e crostacei non hanno misure che fissino un tetto massimo alla loro cattura in alto mare. Ben 105 specie di squali sono in pericolo o a rischio estinzione per via della pesca intensiva del tonno e non esiste né un monitoraggio né tantomeno un sistema di protezione per loro.

https://www.wwf.eu/?uNewsID=1013641

A cura di Simone Riga

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